Pesaro: dov’è il nuovo cinema?


Cane CapovoltoHanno anticipato Michael Moore sull’11 settembre e l’attentato alle Torri Gemelle con Impero, eppure il loro lavoro è addirittura opposto a quello del documentarista americano perché va contro l’idea stessa di propaganda e scardina i feticci della comunicazione.

 

Cane CapoVolto, singolare nome collettivo dietro cui si cela un trio catanese che lavora in simbiosi dal 1992, è oggetto a Pesaro, all’interno della sezione video curata da Andrea Di Mario, di una retrospettiva che ripropone tredici anni di lavori spiazzanti: plagi, falsi spot anche radiofonici, videoarte. Alessandro Aiello ed Enrico Aresu (a cui si è aggiunto qualche anno più tardi Alessandro De Filippo) rivendicano l’ambizioso DNA del loro nome che viene da una figurina, saltata fuori per caso, che rappresenta un cane a testa in giù ma che contiene Dio in persona, con un gioco di parole sulla traduzione inglese, dog-god. Dio come la voce fuori campo professionale e asettica, suadente e perentoria, che commenta il documentario scientifico classico, un genere che ha catalizzato le attenzioni e le ironie del gruppo.

 

Le tv li hanno quasi sempre ignorati, salvo quella di Vilnius e La7, che ha mandato in onda alcuni tra i loro lavori più recenti, gli anti-war pack, “veri” appelli a favore del Pentagono e delle leggi speciali. Ma naturalmente la commistione di vero e falso, alla base del processo di manipolazione informativa per esempio dei tg, è l’alfa della ricerca di questi indomabili catanesi, molto conosciuti e amati all’estero (per esempio a Rotterdam) o nelle rassegne italiane di tendenza (vedi Arcipelago).

 

Una delle loro fonti, come hanno raccontato a Pesaro nel corso di un seminario intitolato “Nulla è vero, tutto è permesso”, sono i mondo-movie degli anni ’60, primo fra tutti Mondo cane di Gualtiero Jacopetti. Ma tra le loro cose più recenti spiccano i “film-acustici” che rinunciano alle immagini. Totalmente fuori mercato, Cane CapoVolto produce per poche centinaia di euro con la consapevolezza che, come direbbe Lars Von Trier, “l’errore è la finestra che permette di entrare dentro le cose”. Ma in un certo senso è più interessante sentirli spiegare che ammirare le loro opere concettuali spesso ambigue e di difficile decifrazione.

 

I lavori “ideologici” di Cane CapoVolto non sono l’unico esempio di digitale qui al festival. A quarant’anni compiuti, festeggiati con una raccolta di saggi in memoria di Lino Miccichè (Nuovo Cinema 1965-2005, Saggi Marsilio) la Mostra del Nuovo Cinema, che il direttore Giovanni Spagnoletti si sforza costantemente di rinnovare e mettere in contatto col territorio, ma anche di aggiornare rispetto a un concetto datato come quello di nuovo cinema, deve per forza fare i conti con un cinema in trasformazione e una società in crisi accostando ai film del concorso e della Piazza (benché non proprio commerciali) oggetti meno convenzionali.

 

Tra questi le videolettere di Pasquale Misuraca raccolte in Vissi d’Arte, tre autoritratti ripresi in tre città e momenti diversi con una videocamera fissa e frontale: La Vigilia (Santiago del Cile) è il testamento di una ragazza che intende suicidarsi dopo la bocciatura che le impedirà di frequentare l’accademia d’arte drammatica; La Battaglia (Roma) è la video-lettera consegnata a un’amica da un giovane scultore combattuto tra due forme di vita; La Relazione (Parigi) raccoglie infine la confessione di un ex scimpanzè sopravvissuto alla “gabbia” del mondo umano. Per il calabrese Misuraca (Angelus Novus), il medium condiziona anche la storia, il linguaggio diventa contenuto come nella mail o negli sms. “Da bambino i contadini mi dicevano che ogni albero si pota in un certo modo”, sintetizza.

 

Per lui, come per molti, ha ragione Khavn de la Cruz (anche lui omaggiato a Pesaro) quando nel suo decalogo scandisce: “un minuto di pellicola incluso lo sviluppo costa circa 1.500 pesos, un minuto di film digitale costa circa 3 pesos. Fate i conti. Una galassia di differenza”. Ma Khavn dice anche “la tua videocamera digitale non ti trasformerà all’istante in Von Trier, Figgis o Soderbergh”. Da meditare entrambe.

autore
28 Giugno 2005

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