Non sono tanto le testimonianze di chi è stato sprangato e insultato perché omosessuale, i terribili casi di suicidio di adolescenti oggetto di prese in giro scolastiche o di beffe sui social network, i ragazzi cacciati di casa dalla madre perché effeminati, a colpire lo spettatore nel documentario Non so perché ti odio Tentata indagine sull’omofobia e i suoi motivi, quanto i discorsi di chi quei pestaggi in qualche modo giustifica, a volte in modo più diretto, come i rappresentanti di Forza Nuova che odiano i “froci”, a volte attraverso ragionamenti tortuosi che finiscono sempre per dichiarare “contronatura” e “malata” la scelta omosessuale, magari con un sottofondo di compatimento e pietismo.
Wired Next Cinema ha ospitato stamattina la visione del documentario di Filippo Soldi (in versione breve) e una chiacchierata col regista e con lo psicologo Vittorio Lingiardi. Il film, dopo il Festival di Roma, sarà riproposto nel corso della Notte delle biblioteche il 29 ottobre alle 21.50 alla Biblioteca Nelson Mandela di Via La Spezia n. 21, quindi sarà diffuso in dvd mentre è in trattativa un passaggio televisivo. Prodotto da Mario Mazzarotto ed Emanuele Nespeca per Movimento Film, con il sostegno del MiBACT, della Roma Lazio Film Commission e il patrocinio di UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) e con la consulenza editoriale di Michele Lo Foco, Non so perché ti odio parte da una domanda che il regista si è posto ben quarant’anni fa, quando un’amica di sua nonna, sentendo alla radio la notizia dell’uccisione di Pier Paolo Pasolini, commentò: “Hanno fatto bene, così impara ad andare dietro ai ragazzini”. “Perché tanto fastidio verso gli omosessuali? Perché non si sopporta l’idea di due persone dello stesso sesso che si amano senza fare danno a nessuno?”, si domanda Soldi, autore in passato del documentario Case chiuse, presentato al Festival di Roma del 2011, e vincitore del Globo d’oro 2013 con Suicidio Italia-storie di estrema dignità con Dario Fo ed Eugenia Costantini.
Un tema antico, quello dell’omofobia, che avrebbe radici nel passaggio dal mondo classico a quello giudaico cristiano, ma oggi più che mai attuale con il disegno di legge che punisce l’omofobia e con le proposte che riguardano il matrimonio tra persone dello stesso sesso, vero spauracchio per una parte dell’opinione pubblica italiana. Dunque tra gli intervistati, accanto agli omosessuali che hanno subìto aggressioni come Luca Zanchi e Guido Allegrezza, troviamo il presidente dell’Associazione Giuristi per la Vita Gianfranco Amato che ritiene che il vero problema dell’Italia sia “non l’omofobia ma l’eterofobia”, Filippo Savarese di Manif pour Tous movimento che si oppone al ddl Scalfarotto e organizza flash mob contro il matrimonio egualitario, Pietro Invernizzi delle Sentinelle in Piedi che giudica il matrimonio tra persone dello stesso sesso alla stregua delle nozze tra un essere umano e un animale domestico.
Per lo psicologo Lingiardi “il documentario va nel cuore di tenebra della paura che è nascosta nell’odio. Viene colta una sovversione dei ruoli assegnati ai due sessi, anche perché sulla complementarietà è stata costruita la sottomissione del genere femminile nella società patriarcale. C’è poi il terrore di riconoscere in se stessi pulsioni omosessuali”. Terrore che può spiegare, certo in un contesto di malattia mentale, i casi di omicidio ai danni di omosessuali, che ci hanno “provato”, visti come minaccia alla propria virilità. Ma perché non ci sono testimonianze femminili nel film? “In realtà – risponde Soldi – nella versione lunga ci sono anche alcune donne, ma è vero che le aggressioni riguardano soprattutto verso gli uomini, anche perché le donne sono sempre state messe sotto silenzio”. Ma, avverte Lingiardi: “Oggi il problema principale è il legame con la genitorialità e questo genera un ulteriore conflitto. In futuro le madri omosessuali saranno esposte anch’esse all’omofobia”.
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