Per un pugno di euro


Per un pugno di euroPreoccupazione ma anche qualche prospettiva inedita: i produttori italiani si sono confrontati a Roma, nella sede dell’Agis, in occasione della presentazione del volume “Per un pugno di euro”, a cura di Franco Montini. Il piccolo libro prosegue la tradizione delle raccolte di saggi sul cinema italiano realizzate dal Fac (Comitato nazionale per la diffusione dei film d’arte e cultura) e contiene anche una serie di interviste ai protagonisti del cinema contemporaneo, da Riccardo Tozzi a Tilde Corsi, da Giampaolo Letta ad Angelo Barbagallo. Ma non un vero censimento, purtroppo, per l’oggettiva difficoltà a reperire dati.
Registrato un notevole ricambio generazionale, che ha imposto nuovi stili e alleanze, contribuendo a svecchiare il nostro cinema, gli autori segnalano una condizione di incertezza in questa fase di transizione. Il 2005, primo anno di effettiva attività per la legge Urbani, potrebbe segnare, come si denuncia da più parti, un arresto della produzione, con 40-50 film a fronte dei 100 circa degli anni precedenti. Pessimista è, ad esempio, Gianluca Arcopinto, che parla di “crisi senza vie d’uscita” e si chiede addirittura se il cinema italiano continuerà ad esistere. Il boss della Pablo lamenta sia lo stallo nei finanziamenti, spesso dimezzati o fermi del tutto, sia il sistema delle sale che penalizza fortemente gli indipendenti. “I film che produco, quelli di Gaglianone o Mereu, non potrebbero arrivare nei multiplex neppure con un trailer”. Possibilista Massimo Cristaldi, che vede una ripresa rispetto agli anni ’80. “Allora non avevamo Ozpetek e Muccino ma solo le commedie di Natale, nel ’95 si fecero solo 70 film, oggi c’è nuova affezione del pubblico”. Ma aggiunge: “C’è da dire che questo mercato non è in grado di assorbire che un numero limitato di film”. È per questo che Amedeo Pagani guarda all’estero e dice: “La legge non è brutta, ma va applicata saggiamente”. Sul cinema italiano, il produttore di 2046, pensa cose positive (“quello emergente è il più vivace in Europa”) ma non vede la presenza di un’industria. “Da noi non ci sono major né studios, mettiamocelo in testa”. Infine Enzo Porcelli è pronto a lavorare a meno progetti, riducendo i costi, ma con il preciso impegno di combattere per cambiare la struttura del mercato”.

autore
12 Gennaio 2005

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