Querido Tropico, in concorso alla 19ma Festa di Roma nella sezione Progressive Cinema, è una bella sorpresa che arriva dalla documentarista panamense Ana Endara, alla sua opera prima di finzione. Il film è un ritratto tutto femminile, con al centro due personaggi segnati da confusione, disagio e solitudine ma anche capaci di slanci gioiosi e vitali. L’immigrata colombiana Ana Maria (Jenny Navarrete), in attesa di permesso di soggiorno e incinta, lavora come badante e viene assunta da una ricca famiglia per occuparsi della matriarca Mercedes detta Mechi (l’immensa Paulina Garcia, Orso d’argento alla Berlinale per Gloria), che sta lentamente scivolando nella demenza. Un tempo a capo dell’impresa di famiglia e madre di quattro figli, Mechi è ora isolata, dispotica, sospettosa, imprevedibile, un caso difficile. Vive in una grande villa di Panama City, curando le orchidee che sono il cuore del suo giardino tropicale. E’ una donna borghese, all’opposto rispetto alla giovane Ana Maria, che nasconde un segreto e non ha più una famiglia ad attenderla. Come il tempo del Tropico è capriccioso ed esplode in violenti e inattesi nubifragi, così la mente di Mechi vaga tra ricordi e pensieri immaginati, impulsi improvvisi e irrefrenabili. E’ ossessionata da un paio di orecchini di perle, ha crisi bulimiche che sfoga sui dolci e in particolare sulla marmellata, rifiuta di ricevere ordini da chiunque. Eppure Ana Maria riesce a far breccia nella sua corazza resa impenetrabile dalla malattia, a instaurare un legame, fisico e spirituale, che accompagnerà le due donne per un breve e felice tratto di vita.
Ana Endara, in questo film già presentato ai Festival di Toronto e San Sebastian, evita tutte le trappole narrative che si celano sul suo percorso e che potrebbero portare la storia in tutt’altra direzione: lo scontro sociale, che è appena accennato, o la rivelazione del segreto che la badante nasconde sul suo corpo. Invece Querido Tropico affronta, con grande delicatezza e profonda sensibilità, il tema della cura come germoglio di un modo diverso di entrare in relazione con se stessi e con gli altri. Nel film si parla molto di maternità, reale, immaginata, perduta, rimpianta, sognata. E anche della perdita di un figlio che non è una punizione ma “qualcosa che accade”.
Ana Endara ha spiegato in un’intervista che il primo nucleo della narrazione era il desiderio di raccontare l’incontro tra un’immigrata colombiana incinta e senza documenti e un’anziana borghese panamense. “Ho cominciato a pensare a questi due personaggi e a cercarli nella realtà, finché mi sono chiesta, perché non crearli visto che sono così chiari nella mia mente? A quel punto ho dovuto imparare tutto da zero, scrivere un copione, filmare, lavorare con le attrici”.
Endara ha raccontato anche il suo incontro con la star cilena Paulina Garcia. “Quando Paulina ha letto la sceneggiatura e si è detta interessata, ci siamo incontrate via Zoom e lei è diventata da subito la mia grande alleata in questo piccolo progetto. Tanto che sarà anche nel mio nuovo film Victoria en las nubes, ambientato alla frontiera tra Panama e la Costa Rica”.
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