Duecentoquarantasei distributori a fronte dei 193 del 2012, 86 venditori – 20 in più dello scorso anno -, 1.400 addetti ai lavori sbarcati al Lido, contro i 1.100 della passata edizione, 26 panel e 121 film nella Digital Video Library. Sono numeri in netta crescita quelli comunicati dalla Biennale di Venezia per il Venice Film Market, guidato per il secondo anno da Pascal Diot e svoltosi dal 29 agosto al 3 settembre negli spazi allestiti appositamente all’Hotel Excelsior. Una scommessa difficile da vincere – per le note condizioni endemiche delle strutture lidensi e per la vicinanza temporale di altri mercati cinematografici più affermati – e con un bel po’ di strada davanti, ancora. Ma il bilancio, dice Diot, è tutto positivo: “C’è stato un incremento su tutto tra il 23% e il 25% e mi sembra un ottimo risultato, considerando i tempi di crisi. Il grande obiettivo raggiunto è che i professionisti del settore stanno rimettendo Venezia nell’agenda dei loro appuntamenti annuali”.
Diot, fino a che punto il Venice Film Market sta dando slancio anche all’industria cinematografica italiana?
Intanto c’è da segnalare che quest’anno hanno partecipato al Mercato più esportatori che nel 2012, e ho le basi per scommettere che i numeri cresceranno ancora l’anno prossimo. Detto questo, il mio ruolo è anche di aiutare l’industria cinematografica italiana a crescere: c’è molto da fare in questo senso, e infatti organizzeremo, per il 2014, un focus sull’industria italiana che si svilupperà su più livelli.
Come sarà articolato quindi?
Predisporremo per i produttori maggiori occasioni di contatto con i professionisti internazionali, soprattutto incontri e iniziative, perché è in quei casi che si fanno gli scambi commerciali. Per i venditori implementeremo l’esperienza degli incontri con gli esercenti indipendenti Cicae, che ha funzionato benissimo quest’anno e a cui hanno partecipato molte società italiane, tra cui anche Rai Trade. Infine vorrei far sì che le Film Commission italiane incontrassero sistematicamente i produttori stranieri, per attirare set sul territorio e promuovere le location.
Questo è stato solo il secondo anno. Come sta crescendo questo neonato, il Venice Film Market?
Nel primo anno ci siamo concentrati sui venditori e i distributori, nel secondo abbiamo invitato 40 produttori dal mondo. Lo scopo del mercato veneziano è diverso da quello delle altre kermesse: il nostro obiettivo è che si differenzi dagli altri perché più basato sugli incontri. Non avremo mai centinaia di stand e migliaia di proiezioni, non è il mio scopo. Qui il punto è che gli addetti ai lavori possono fare scambi commerciali in una situazione rilassata e non concitata come quelle di Berlino, Cannes o Toronto.
Pensando già alla terza edizione, avete individuato correzioni da fare nell’organizzazione?
Credo che faremo meno panel e più mirati, concentrandoci su alcuni temi che attirano più attenzione, come il microbudget e i film in lingua inglese. Aumenteremo poi le cose che funzionano, come Final Cut in Venice – che nel 2014 riguarderà Africa e Medio Oriente – e gli incontri tra espositori indipendenti di Cicae e venditori internazionali. Poi, visto che la Digital Video Library ha funzionato benissimo, faremo in modo che ci siano più film della Mostra. In questo modo andremo incontro all’ottima scelta di Barbera di ridurre il numero di film in programma per valorizzarli meglio.
Pensa che l’espandersi di possibilità di proiezione virtuale sia penalizzante per il mercato o, al contrario, lo possa aiutare?
Penso che lo aiuti, perché è uno strumento complementare e non alternativo per offrire ulteriori possibilità di visione. Pensiamo di anticipare, tra l’altro, la proiezione dei film della Mostra che passano dopo la fine del mercato – naturalmente proibendo l’ingresso alla stampa.
E che ne sarà del nuovo edificio da 2mila metri quadri promesso da Baratta e pensato espressamente per il Mercato?
I dettagli tecnici dell’operazione li conosce solo il presidente della Biennale, io non so dire tra quanto tempo sarà pronto. Posso dire però che risponderà all’esigenza di avere più sale cinematografiche e più spazi per organizzare incontri.
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