“Oggi c’è solo un mezzo regista perché Vittorio è stato investito, sembrava un incidente grave e invece domani mio fratello verrà dimesso dall’ospedale. La maggior parte dei nostri film finisce male, ma questo piccolo episodio per fortuna è terminato bene”. Così alla Festa di Roma il regista Paolo Taviani ha esordito alla presentazione del documentario La passione e l’utopia di Mario Canale, con la collaborazione di Annarosa Morri, e distribuito da Luce Cinecittà.
“Per realizzare questo documentario Mario Canale è stato molto accanto a noi. Si sa che ai registi dà abbastanza noia essere ripresi – ha affermato Paolo Taviani – perciò sul set gli abbiamo chiesto di essere invisibile. E poi io e Vittorio siamo attori mediocri, un po’ bruttini. Il risultato finale è un film fatto con amore e professionalità, con tante idee, soprattutto è un viaggio nella storia del nostro cinema e della nostra vita”.
L’idea de La passione e l’utopia è quella di un tragitto, non solo metaforico ma reale, attraverso i luoghi e le passioni che hanno contraddistinto il cinema dei fratelli Taviani. Si parte dal paesaggio della Toscana e di San Miniato fino ad arrivare ai sopralluoghi dell’ultimo Maraviglioso Boccaccio. “Non si scoprono particolari segreti se non una grande capacità artigianale, rinascimentale di mettere insieme tutti gli elementi che compongono un film”, dice l’autore Canale.
Il documentario è scandito da “capitoli” legati dalla voce, dai racconti di Paolo e Vittorio Taviani e dalle testimonianze di attori e collaboratori. Un percorso che permette, attraversando quei luoghi, quelle piazze, quei paesaggi, di affrontare i temi caratterizzanti del loro cinema: la Passione, l’Utopia, la Rivolta, la Musica, la Memoria, la Recitazione… come tanti episodi di un lungo romanzo.
“Ho conosciuto i fratelli Taviani a metà degli anni 80 sul set di Good Morning Babilonia nei vecchi studios di Tirrenia e da allora ho seguito la lavorazione di altri loro film – spiega l’autore – Quando ho visto Cesare deve morire, mi sono subito reso conto che avevano realizzato uno dei film più moderni e “d’avanguardia” degli ultimi anni; una miscela di classicità e sperimentazione visiva in due “ragazzi” di soli 83 e 85 anni. E’ allora che li ho chiamati e ho proposto loro questo mio lavoro”.
Nel documentario, accanto a brani dei loro film più famosi e a immagini d’archivi tra cui quello del Luce, figurano numerose testimonianze tra cui: Omero Antonutti, Giorgio Arlorio, Fabrizio Bentivoglio, Giulio Brogi, Ascanio Celestini, Piera Degli Esposti, Isabelle Huppert, Giuseppe Lanci, Nanni Moretti, Nicola Piovani e Grazia Volpi.
Mercoledì 18 novembre alla Casa del Cinema Giancarlo De Cataldo e Mario Sesti, insieme a Giorgio Gosetti, analizzeranno alcune scene del maestro del brivido. A introdurre l'incontro l'attore Pino Calabrese
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“Ho scoperto Verdone a casa, con i suoi personaggi visti e rivisti in tv, era diventato uno di famiglia. Sul set è un regista molto serio, scientifico, sa bene cosa vuole, anche se un terzo del film è improvvisato”, dice di lui l'attrice Paola Cortellesi protagonista alla Festa del cinema con l'attore e regista romano degli Incontri ravvicinati. Lui l’ha scoperta al cinema e in tv come attrice comica, brillante e anche drammatica: “è dirompente, abbiamo la stessa ironia e c’è una grande sintonia tra noi”. Presto li vedremo nei rispettivi film Gli ultimi saranno ultimi e L'abbiamo fatta grossa