Paolo Sorrentino: il Tempo è il soggetto universale

Pochi ‘bu’ e molti applausi per l’attesissimo film di Paolo Sorrentino in concorso sulla Croisette, prima prova dopo il successo internazionale de La Grande Bellezza


Youth è un affresco sulla vecchiaia, sul tempo, sui ricordi, sull’amore, raccontati da chi, come capita agli artisti, non invecchia davvero mai, tranne che nel corpo. Jane Fonda, tra i protagonisti, ha detto in conferenza stampa: “non si invecchia se si continua a fare quello per cui si ha passione”. Con lei  nel cast i protagonisti Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano. E un paio di apparizioni notevoli. Madalina Ghenea nei panni di una Miss Universo che trascende la sua bellezza terrena per diventare puro ideale, musa ispiratrice dietro all’arte e alla musica – Caine e Keitel interpretano rispettivamente un direttore d’orchestra in ritiro e un regista che vuole ancora lavorare per lasciare ‘testamento’ – e la popstar Paloma Faith, nel ruolo di sé stessa.  Sullo sfondo di questo plot ambientato per la maggior parte in un centro benessere in Svizzera, anche un simil-Maradona super imbolsito, un monaco tibetano con voglia di levitazione, un clone di Hitler impegnato da una colazione e poi la grande assente del film: l’amata moglie di Fred, Melania (Sonia Gessner). Spettacolo puro per gli occhi e per il cuore, ma anche per le orecchie, data l’importanza che assume la colonna sonora di David Lang.

Perché ha scelto di fare un film sul tempo che scorre?

Perché per quanto mi riguarda è l’unico soggetto possibile. Come trascorrere il tempo, quanto ce ne rimane, quanto è passato. Tutto ruota intorno a questo. Sembra il film di una persona anziana? Meglio. Vorrà dire che in futuro recupererò facendo film ‘da giovane’. Penso che sia un film ottimista, forse fatto per esorcizzare certe paure che io – e credo tutti – abbiamo. Il passare del tempo mi appassiona perché il futuro è una grande occasione di libertà e la libertà è un sentimento naturale dell’essere giovane. Se si può avere uno sguardo sul futuro si può avere motivo per essere giovani.

Ha dedicato la pellicola alla memoria di Francesco Rosi…

Due i motivi: il primo è che è stato uno dei più grandi registi, di riferimento non solo per noi italiani ma anche per molti americani. Scorsese lo cita in continuazione. Inoltre questo film è nato proprio da un incontro a casa sua, quando con un’altra persona ricordavano di una ragazza con cui da giovani erano stati fidanzati entrambi. Da lì è partito tutto.

L’albergo dove si svolge il film è il Berghotel Schatalp a Davos dove Thomas Mann scrisse La Montagna Incantata

Puro caso, non c’è alcuna relazione tra le due cose né ci potrebbe essere.

I personaggi femminili non sembrano particolarmente tratteggiati. E’ un punto di vista esclusivamente maschile…
Per me non è così, ruota tutto intorno a qualcosa che non c’è: la moglie del personaggio di Michael.

Ha scelto il direttore d’orchestra come metafora per indicare un regista?

Il direttore d’orchestra è una figura misteriosa. Non ho mai ben capito cosa faccia con le mani, se sia qualcosa di decorativo, o se serva davvero. Ma non lo voglio sapere, voglio restare nel dubbio. Musica e cinema sono forme di bellezza che non scompariranno mai, si rinnoveranno in eterno.

Nel film il personaggio di Jane Fonda dichiara che il cinema è morto, e che il futuro sono le serie tv. Lei come la pensa?

Una serie la farò, The Young Pope, per Sky, Hbo e Canal+, otto puntate, con Jude Law protagonista. Le riprese sono previste a Roma quest’estate. Più di questo non posso dire. Ma che il cinema sia morto è solo un bruttissimo luogo comune. Il mito del grande schermo è una lotta contro i mulini a vento. La tv è comunque un mezzo che oggi offre libertà e disponibilità economica, quindi perché no.

Come Garrone, ha scelto di girare in inglese…

Nel film il personaggio di Caine attende la nomina di ‘Sir’, e non poteva essere che un inglese. Ho costruito il film attorno a lui e se mi avesse detto di no non lo avrei fatto. Non c’è nessuno con quel carisma, quella classe, quell’eleganza. Per citare una sua battuta nel film: “Michael Caine, è”. Non ha bisogno di curriculum e io del resto mi trovo sempre più a mio agio quando scrivo pensando la parte per un attore. Detto questo io penso che non ci sia niente di male a girare i film in inglese. Poi magari ci sono state anche delle incomprensioni. Harvey Keitel quando mi arrabbiavo in inglese nemmeno capiva che ero arrabbiato. Comunque, la cultura di riferimento dei giovani sta diventando sempre più anglofona quindi queste distinzioni tra i registi italiani di ieri e quelli di oggi che piacciono tanto a voi giornalisti non le farei. Mi sembrano superate.

Ha scelto anche di scriverlo da solo…

Ho un ottimo rapporto con Umberto Contarello e la nostra collaborazione è stata formidabile, comunque la prima stesura è sempre mia, poi lui ci mette le mani in seconda istanza, me la ripassa e io scelgo quello che mi pare più giusto. In questo caso è stato tutto velocissimo. Nemmeno il tempo di chiamarlo e la sceneggiatura era già finita.

E’ un film particolarmente commovente, rispetto ai suoi standard…

Io cerco sempre di commuovere o far ridere. Poi magari non mi riesce, la comunicazione è la cosa più ardua da imparare. A me commuove anche Il divo, con quella scena di Andreotti davanti alla tv con sua moglie.

Parla anche del rapporto con i figli. Lo considera il suo film più personale?

Sicuramente è molto personale. Ho spinto al massimo la mia capacità di formulare un film d’amore. Ho molti pudori e li sublimo nei temi che vedete: la memoria, i genitori, i figli e come loro si scordino di quello che abbiamo fatto per loro…

C’è anche humour. In proiezione stampa si è riso…

Mi piacciono gli attori che fanno ridere, anche se non necessariamente devono essere dei comici. Michael Caine appena l’ho incontrato mi ha detto: “sono capace di uccidere per una battuta”. Ma anche Rachel Weisz, nonostante la sua bellezza che disarma, è una gran compagnona. Jane Fonda una delle donne più intelligenti con cui abbia mai lavorato.

Gli attori americani e inglesi sono più bravi dei nostri?

Gli attori sono bravi indipendentemente dal paese di appartenenza. I miei sicuramente erano bravissimi. Caine il primo giorno ha cronometrato i tempi di percorrenza dall’albergo al set, per non essere in ritardo. Ed è Micheal Caine e ha ottant’anni. Ovvio che lo avremmo tutti aspettato. Ma per dire, la professionalità.  

Nanni Moretti ha dichiarato che il clima attorno al cinema in Italia è distratto…  

Probabilmente ha ragione, ed è vero anche quello che ha detto Franceschini, c’è un certo compiacimento nel ‘parlar male’. Non lo so, io il film l’ho fatto. Ora come va al botteghino sono preoccupazioni di produttori e distributori. Ma il rapporto col pubblico è misterioso, non penso si tratti solo di distrazione. Sono una serie di fattori. Se li conoscessimo tutti, faremmo sempre film da 20 milioni di euro. Io e Nanni siamo due registi molto diversi ma forse abbiamo in comune una sana autoironia. Lui la ha sicuramente, ma spero di averla anch’io.  

E i due personaggi del suo film, quello di Keitel e quello di Caine, cos’hanno in comune?

In realtà hanno approcci diversissimi rispetto al futuro. L’atteggiamento di quello di Caine forse non garantisce la felicità ma certamente una certe quiete. Ti vaccina dalle delusioni e modera le tue passioni. Il personaggio di Keitel è passionale per antonomasia. E’ ossessionato dall’idea di questo film da fare.  

Lei gli assomiglia?

Ci tendo, ma sto cercando invece di andare più nella direzione di Caine.  

Tra Miss Universo e simil-maradona, mette in scena un bel campionario umano…

In questi alberghi, che costano parecchio, ci vanno persone fuori dal comune. Non solo popstar e calciatori, ma anche personaggi particolari.  

Come Paloma Faith…  

E’ stata lei a proporsi. All’inizio il so personaggio era quello di una donna sui 55, anche scialba. Poi ho deciso di cambiarlo e ha funzionato. Le ho girato un videoclip che compare nel film. Tra l’altro il video vero di quella canzone è veramente molto bello.

Sente pressione per la competizione?

L’aspetto prevalente in Cannes non è la competizione, ma l’incredibile occasione di darsi appuntamento e vedere il miglior cinema in quel momento nel mondo e siccome il cinema riflette la vita, capire il tempo di oggi.
   
L’Oscar ha influenzato il suo modo di scrivere?

Non può averlo fatto. Ho scritto Youth mentre ero in campagna per l’Oscar e l’ho girato appena dopo averlo vinto. Non ho auto nemmeno il tempo di focalizzare su cosa questo avrebbe rappresentato per me.  

Concludiamo sul finale. Era già sicuro di chiudere così? Nessun ripensamento?  

L’ultima inquadratura non doveva essere l’ultima. L’ho presa da un’altra parte di film e l’ho posizionata lì dopo aver chiuso i lavori.

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