VENEZIA – Mentre riceveva il Leone d’Argento Gran Premio della Giuria, il suo Napoli batteva la Juventus in campionato. Proprio il caso di dire È stata la mano di Dio? “L’ho detto a Barbera. Per colpa della premiazione non ho potuto vedere la partita”, scherza Paolo Sorrentino. Sono passate meno di due ore dalla fine della cerimonia di premiazione, quando lo incontriamo in una stanza al secondo piano dell’hotel Excelsior mentre tenta di riprendere fiato prima della cena di chiusura della Mostra.
Una Mostra, la 78esima, che gli ha regalato un premio importante per un film così privato e personale, aprendogli la strada verso gli Oscar. Ma Sorrentino, che una statuetta l’ha già conquistata nel 2014 per La grande bellezza, per ora non ci pensa e guarda a un futuro più immediato.
Dopo questo premio che succede?
Torno a Roma e mi riposo un po’, perché sono stati dieci giorni stancanti. Siamo stati in Colorado (per partecipare anche al Telluride Film Festival, ndr), siamo rientrati l’8 settembre e poi tornati al Lido. Mi devo riprendere ancora dal jet lag.
Sul palco si è commosso. Agli Oscar non era successo.
In quel caso ero più preoccupato o ansioso. Stavolta ero proprio emozionato. Agli Oscar si arriva dopo mesi e mesi di viaggi e campagna promozionale. Si fa avanti e indietro tra Italia e America. Questo Leone è un premio più improvviso e inaspettato. Mi hanno chiamato venerdì pomeriggio e detto di tornare. L’importante è che ti dicano di tornare.
È pronto a tornare anche dall’altra parte dell’oceano?
Direi che è prematuro. Facciamo un passo alla volta. Da domani ci sediamo con tutta la squadra per parlare del futuro del film.
Si aspettava un Leone?
La cosa più imprevedibile e stravagante sono i premi, quando a deciderlo sono otto, dieci giurati diversi. Le cose divergono. Ne sono qualcosa perché sono stato giurato anche io.
Perché secondo lei il film è stato accolto con così tanto calore anche dagli internazionali?
Perché parla di una vicenda che riguarda tutti. Una vicenda umana e sincera che si basa sulla famiglia, sull’allegria, sulla vitalità, sul lutto e sul dolore.
Stringendo il premio ha ringraziato in ordine prima i suoi genitori e poi Maradona. E poi ha parlato di Toni Servillo.
Questo film nasce da questi due pilastri, non poteva essere altrimenti. Per quanto riguarda Toni, lavorare con lui sin dal mio primo film ci ci ha portati entrambi a ottenere risultati che non ci aspettavamo.
Sul palco si è emozionato parlando anche del suo amico produttore Nicola Giuliano. Le vostre strade si sono momentaneamente divise.
Nicola mi ha accolto da ragazzo. Abbiamo fatto tante esperienze e tanti film insieme. A un certo punto ho sentito il desiderio di cambiare i miei collaboratori, non solo lui. Questo lavoro, che è bellissimo, ha dei rischi di routine. Talvolta ci si siede e si è meno motivati. Forse ero io un caso strano, visto che lavoravo sempre con le stesse persone. Ma non è detto che non si possa tornare indietro.
È stata la mano di Dio, prodotto da The Apartment (società del gruppo Fremantle), uscirà in cinema selezionati il 24 novembre e su Netflix il 15 dicembre.
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