PAOLO SANTONI


Gelosie, amori e struggimenti. Un groviglio di passioni violente, tradimenti e colpi di scena. E’ il Cuore napoletano di canzoni eterne come “O surdato ‘nnammorato” o “Reginella”, materia incandescente, a forte rischio di luogo comune, di un documentario passato a Locarno, presto al festival di Toronto e dal 6 settembre nelle sale distribuito da Mikado.
Paolo Santoni, quarantenne romano, autore fin qui di video e cortometraggi, ci ha messo anche la sua voglia di raccontare “la dinamica dei sentimenti che ci dominano e che spesso facciamo fatica a mettere in scena”. Ma e’ stato soprattutto l’intreccio di musica, parole e immagini a colpirlo, a fargli nascere la voglia, da non napoletano, di lavorare a un progetto cosi complesso. “La data di nascita del cinema coincide, in pratica, con quella della canzone d’autore partenopea, quella di Tosti, Di Giacomo e D’Annunzio: proprio nel 1896 i fratelli Lumiere erano a Napoli a filmare la citta. Ho usato quegli spezzoni insieme a brani di film di Elvira Notari e altri cineasti per contrappuntare le interviste”.

Un viaggio nella Napoli eterna e immutabile dei vicoli dove spesso qualcuno si mette ancora oggi a cantare, ma anche un’immersione in mondi paralleli. Le Little Italy d’America, dove si esibiscono star come Jimmy Roselli e Jerry Vale e dove il tempo si e’ all’apparenza fermato. Proprio da li e’ iniziata la ricerca di Paolo Santoni. Incuriosito da cantanti che si fingono appena arrivati da Posillipo, mentre vivono da trent’anni negli States, e vendono centinaia di migliaia di copie con le hit intramontabili dei bisnonni. “Un universo cristallizzato, dove a volte non si capiscono neppure i testi che si cantano, o magari non si vogliono capire: quelle canzoni sono considerate intoccabili”.
C’e’ chi si crede l’erede diretto di Caruso e ci sono gli “umili” posteggiatori, veri artisti di strada, tra cui un ucraino che si esibisce nella funicolare di Chiaia; le orchestrine che allietano matrimoni e battesimi come all’inizio del secolo; i nomi noti e addirittura mitici, da Maria Nazionale a Enzo Gragnaniello, o quelli che rimarranno per sempre oscuri. Su tutti Peppe Barra, protagonista di uno straordinario finale in cui la Tammuriata nera, creatura della Napoli sconvolta ma non sconfitta dalla guerra, assume ritmi tribali e diventa condanna dello stupro etnico di ogni epoca. “Barra – spiega Santoni – e’ riuscito a cogliere il legame con il mondo di oggi, creando un ponte attraverso le sue ricerche sulle tradizioni popolari. E pensare che, per molti stranieri, la Tammuriata e’ difficile da capire, sembra quasi un brano razzista”.
E’ forte, potenzialmente, l’impatto che un film come Cuore napoletano – delle vendite internazionali si occupa la svizzera First Hand – potra’ avere all’estero. “Qualcuno l’ha paragonato a Buena Vista Social Club, io credo sia completamente diverso e, direi, meno convenzionale. Il film di Wenders ha una struttura geometrica, questo e’ quasi un puzzle”.
Primo documentario finanziato dal fondo di garanzia (produce la Ready Made, il costo totale e’ di un miliardo e cento, coperto anche da Tele+), Cuore napoletano e’ anche il primo film italiano girato in HD e quindi proiettato su pellicola col laser, una tecnologia che ha costretto a spostare la postproduzione in un laboratorio di Parigi.

autore
09 Agosto 2002

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