La leggenda popolare spesso porta con sé poesia ma anche mistero, e quello di Pantafa è molto oscuro, sinistro: storia di Nina (Greta Santi), bambina che da qualche tempo soffre di paralisi ipnagogiche, disturbo del sonno che può portare a stati allucinatori; la mamma Marta (Kasia Smutniak) ha pensato che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla frenesia cittadina possano giovare alla piccola, così il trasferimento a Malanotte, “nomen omen”.
“Chi è la Pantafa?”, domanda innocente la bambina. “Shhh, non la devi mai nominà”, le risponde la fornaia del paesino dell’Appennino centrale dove mamma e figlia sono appena giunte.
“Questo è un film che racconta una parte femminile dell’universo: c’è una madre, c’è una figlia, una donna adulta che tramanda il proprio sapere a queste due femmine e c’è il lato oscuro, anche questo è una donna. Il racconto va a esplorare cose del subconscio femminile” per Kasia Smutniak.
“Non avevo mai immaginato di approcciarmi all’horror ma ho incontrato un articolo sui disturbi del sonno e ho scoperto la Pantafa: abbiamo costruito un nostro immaginario sul folk italiano, poco sfruttato, e da qui siamo partiti”, spiega Emanuele Scaringi – al suo secondo lungometraggio, dopo La profezia dell’armadillo dalla novella grafica di Zerocalcare -, qui dietro la macchina da presa di questo film di genere, il cui tratto distintivo orrorifico comincia sin dalla prima notte nella casa montana, circondata dal nulla e piena dell’assenza di bambini. I sintomi di Nina peggiorano sin dal primo sonno notturno in quel luogo, la bambina è abbracciata nella morsa di un crescendo onirico da paura e una figura femminile spettrale le si siede sul petto, la immobilizza, le ruba il respiro. Ma il giorno non è migliore: sospette crisi di epilessia – come diagnostica il dottore (Giuseppe Cederna) -, telefonate che le annunciano la morte della mamma e mani nervose e artigliate che s’affacciano sotto gli armadi attanagliano le sue ore diurne, sempre sotto l’occhio vigile ma un po’ sfuggente della balia Orsa (Betti Pedrazzi) e quelli volitivi quanto teneri e rassicuranti della mamma, non fino a in fondo solo spettatrice degli eventi che chiamano in causa la sua bambina.
“La questione non è il genere, che è un vestito: il tema mamma-bambina è complesso e l’horror ci sembrava il genere giusto per renderlo popolare; il genere che è solo un modo per raccontare. L’horror ti fa affrontare una parte buia di te e a me ha attratto particolarmente, rappresentata qui dalla figura mitologica della Pantafa”, continua il regista.
“Ho costruito il personaggio senza giudicare il personaggio: prevaleva la psicologia dello stesso, era necessaria nel processo della storia. C’è questa mamma molto fragile, l’incapacità di avere un rapporto col mondo esterno, quindi anche di staccarsi dalla figlia: è un film anche sul distacco tra madre e figlia, non tutti sono in grado di affrontarlo senza paura”, secondo l’attrice.
“Emanuele è un regista capace di esplorare territori diversi. Condividiamo che il genere sia uno strumento per raccontare anche altro, quando non è solo esercizio di stile: quando è un mezzo per dare altre suggestioni mi sembra che sia un bene lavorare sullo stesso” dice il produttore, Domenico Procacci.
E per Samanta Antonnicola: “normalmente Rai Cinema non produce o sostiene horror o genere ma questo film aveva il tema del territorio, del folklore, oltre al punto di vista del femminile, che ci ha molto attratto: al di là dell’horror questa donna subiva dei pregiudizi e poi aveva un lato oscuro che può essere ancora un tabù. E il film indaga con molta intelligenza”.
Nel cast anche Mauro Marino – Franco il proprietario della casa, Mario Squeglia – Andrea, nipote di Orsa, Francesco Colella – Cowboy: Pantafa – una produzione Fandango con Rai Cinema – uscirà al cinema nella primavera 2023.
Il film sarà distribuito nelle sale da Fandango dal 30 marzo 2023.
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