Confermata in appello la condanna del cineasta iraniano Jafar Panahi a sei anni di carcere e a non esercitare per 20 anni la sua attività sia in Iran che all’estero. L’accusa è di “aver condotto attività contro la sicurezza nazionale e propaganda contro il regime”.
Nonostante la mobilitazione internazionale in suo favore, la sentenza è stata confermata insieme al divieto di viaggiare all’estero e di rilasciare interviste. Lo ha detto all’Afp un familiare dello stesso Panahi, che sarebbe ancora in libertà, secondo la stessa fonte. Il regista era stato arrestato insieme ad un’altra quindicina di persone, fra cui Mohammad Rasoulof, nel marzo 2010 ed era rimasto in carcere per tre mesi.
All’ultimo festival di Venezia, avrebbe dovuto intervenire il regista Mojtaba Mirtahmasb, co-realizzatore del diario clandestino sulla sua condizione di Panahi, This is not a film, girato clandestinamente nella casa di Panahi, giunto sottobanco a Cannes, ma all’aeroporto di Teheran gli era stato tolto il passaporto. Lo stesso Mirtahmasb è stato arrestato nelle scorse settimane insieme ad altri quattro documentaristi iraniani e una distributrice cinematografica, con l’accusa di aver collaborato con il servizio in persiano della BBC.
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