Lo scorso anno Paolo Sorrentino ha centrato la cinquina delle nomination all’Oscar per il Miglior Film Internazionale, bissando la candidatura – a otto anni di distanza da La grande bellezza – ma mancando la statuetta che invece, all’epoca, era riuscito ad agguantare. Quest’anno l’Italia ci riprova con Nostalgia di Mario Martone, il ritorno di Felice/Pierfrancesco Favino nei luoghi delle sue origini, viaggio geografico, emotivo e intellettuale al Rione Sanità di Napoli. Presentato in concorso a Cannes, il film è stato scelto dalla commissione istituita dall’Anica per rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar 2023, nella speranza che riesca a imporsi sui concorrenti nelle varie tappe che precedono la serata degli Academy Awards del 12 marzo 2023: il 21 dicembre sarà annunciata la prima shortlist di 15 titoli ancora in lizza, mentre il 24 gennaio 2023 arriverà il responso con le cinque candidature della categoria Best International Film.
Ma chi sono i concorrenti più temibili per Martone e Favino? Il vincitore della Palma d’Oro a Cannes è sempre un ottimo frontrunner per la categoria Best International Feature Film – vedi, recentemente, Parasite, che ha conquistato clamorosamente anche i premi principali – ma quest’anno Ruben Östlund si è chiamato fuori dalla categoria per mirare ai premi principali, visto che il suo Triangle of Sadness (vincitore anche di quattro EFA) è il primo film che ha girato in lingua inglese. Per la Svezia concorre invece il thriller politico Boy from Heaven, di Tarik Saleh, premiato per la Miglior Sceneggiatura a Cannes. È tornato dalla Croisette con il Gran Prix Close, diretto da Lukas Dhont e proposto dal Belgio: ha buone possibilità con la storia di un tredicenne che trova la tenerezza e poi si confronta con un evento tragico. Dramma investigativo che ruota intorno alla morte misteriosa di un uomo precipitato dalla cima di una montagna, Decision to Leave di Park Chan-Wook, premiato per la regia a Cannes, è un altro candidato forte (per la Sud-Corea), mentre per la Danimarca si fa avanti Holy Spider di Ali Abbasi (nato a Teheran ma naturalizzato danese), tratto dalla storia vera di un serial killer iraniano, che ha fatto meritare la Palma per la miglior attrice a Zar Amir Ebrahimi.
Hanno fatto la Montée des Marches anche EO di Jerzy Skolimowski (Premio della Giuria ex aequo con Le otto montagne), candidato per la Polonia, e Plan 75 opera prima di Hayakawa Chie sull’eutanasia che ha avuto una menzione speciale dalla giuria della Caméra d’Or. Per la Francia è stato selezionato Saint Omer di Alice Diop, premiato a Venezia, e dalla Mostra vengono anche il candidato argentino Argentina, 1985, dramma politico di Santiago Mitre, Bardo di Alejandro González Iñárritu per il Messico. Sembrano ben posizionati anche il candidato ucraino Klondike, ambientato nei primi giorni della guerra del Donbass, e quello austriaco Il corsetto dell’imperatrice di Marie Kreutzer, grazie al quale Vicky Krieps – per il ruolo dell’Imperatrice Sissi – ha ricevuto il premio per l’interpretazione al Certain Regard di Cannes.
L’Italia resta il Paese che ha collezionato più statuette (accumulate in un’epoca d’oro ormai lontana), ma in tempi recenti ha difficilmente centrato la cinquina. Lo scorso anno È stata la mano di Dio ce l’ha fatta, ma poi ha dovuto inchinarsi al superfavorito giapponese Drive My Car. Quest’anno non sembra esserci un superfavorito, tanto che ‘Variety’ si chiede “Questa edizione potrebbe essere la più combattuta in decenni?”.
(Foto di Mario Spada)
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