Orgoglio, Pregiudizio e Zombie: minimo sforzo, massima resa

Dal bestseller ricavato attaccando scene horror a un romanzo di Jane Austen, arriva il film, dal 4 febbraio in sala con M2


Sembrerebbe questo il motto di Seth Grahame-Smith, scrittore, fumettista, autore televisivo, sceneggiatore e produttore statunitense che ha basato la sua fortuna su un romanzo, Orgoglio, Pregiudizio e Zombie, ottenuto semplicemente inserendo delle scene horror con morti viventi a caso nel tessuto del testo di Jane Austen di cui erano scaduti i diritti. Sembrerebbe un orrore di libro, più che un libro dell’orrore, e in effetti è abbastanza illeggibile. Eppure, vuoi per il suo valore di regalo “spiritoso”, vuoi per delle copertine accattivanti, vuoi per l’effetto curiosità, è stato un best-seller nel 2009: l’editore ha dovuto aumentare la tiratura iniziale di 12mila copie a 60mila per l’alto interesse che il prodotto aveva suscitato già prima dell’uscita. Un autentico fenomeno editoriale che ha generato poi anche un prequel – sempre in forma romanzata – qualche anno più in là.

Ovviamente, tutto sa di posticcio, appiccicato, fintissimo. La qualità letteraria non è nemmeno una categoria da prendere in considerazione, perché sarebbe come giudicare secondo i canoni di corretta scrittura un libro di barzellette. Le scene con gli zombie arrivano come uno stacco pubblicitario, i raccordi sono debolissimi, e al tutto viene aggiunta anche una dose di arti marziali chiaramente del tutto fuori luogo nell’ambientazione originaria dell’Inghilterra vittoriana, ma che arriva come diretta conseguenza della necessità di difendersi in un mondo popolato da orrende creature che si cibano di cervelli umani. Per il resto è la storia d’amore e tensioni sociali che ci ha consegnato la stessa Austen, con le schermaglie tra la risoluta Elizabeth Bennet e l’ambiguo Darcy, già più volte apparsa sullo schermo anche in simpatiche varianti moderne tra cui ricordiamo, in particolare, Il diario di Bridget Jones.  

E come fare a trasporre al cinema quello che, di fatto, può a malapena essere considerato un’opera letteraria vera e propria? Innanzitutto, bisogna fare un passo indietro, e ricordare che lo stesso testo della Austen era stato accolto, inizialmente, dalla critica, come un romanzo sentimentale di scarso valore, anche se di largo appeal commerciale, un po’ come i moderni romanzi ‘Harmony’. Insomma, tutto sommato la versione ‘zombie’ non fa che aggiornare ulteriormente questa prospettiva, inserendo nel complesso narrativo ciò che tanto va di moda in questi anni. E proprio nel passaggio allo schermo, insolitamente, il tutto ci guadagna invece di perderci, grazie a una fotografia e un montaggio appositamente studiati per sembrare fasulli e caricati, con ampio uso di green screen e ricostruzioni digitali, recitazione sopra le righe ad altissimi livelli e snodi narrativi che più forzati non si può. Insomma, per certi versi, una trasposizione perfetta, anche se destinata al (dis)gusto di pochi. Lo splatter abbonda, ma anche l’ironia che, però, non passa per la comicità di battute apertamente pronunciate dai personaggi strizzando l’occhio al pubblico (come accade, per esempio, nei film dei super-eroi Marvel). Tutto al contrario: nel loro mondo, i protagonisti – tra cui spiccano anche i volti di Lena Headey e Charles Dance, direttamente da Il Trono di Spade, del ‘Doctor Who’ Matt Smith e di Lily James (Cinderella) – sono serissimi e vivono con drammaticità la loro quotidiana lotta contro le forze del male, ma è proprio questo che crea contrasto e lascia spesso scaturire la catartica e liberatoria risata.

“Ti devi scontrare con certi elementi – ha dichiarato il regista Burr Steers in un’intervista – ma io non credo alle regole ferree. Vanno bene solo per i film di seconda categoria: sei tu a gestire le regole nel mondo del tuo film. E’ una tua responsabilità”. Tra i produttori di PPZ – Pride + Prejudice + Zombies (questo il titolo finale che si è scelto di dare al film), c’è anche Natalie Portman. L’uscita è prevista il 4 febbraio con M2 Pictures.    

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03 Febbraio 2016

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