Il cinema come testimonianza. Come memoria e testamento, se necessari. Il cinema che rende immortali. Il cinema come lascito di autori noti o meno noti, o anche semplicemente di un amico. C’è anche questo negli innumerevoli percorsi che si possono seguire per analizzare e apprezzare la ricchissima selezione delle Giornate degli Autori per Venezia 78. Lo abbiamo visto, in preapertura, ne Il mondo a scatti di Paolo Pisanelli e Cecilia Mangini, che oltre ad essere una riflessione su cinema e fotografia, sul loro intrinseco rapporto, sul linguaggio delle immagini, finisce inevitabilmente, dolcemente e adorabilmente per diventare anche il ricordo della grande fotografa e documentarista, scomparsa a gennaio a 93 anni.
Ma anche come semplice racconto di sé stessi.
Un viaggio in barca, da Ventotene a Fiumicino, è il teatro principale dell’autoritratto autobiografico tra cinema, vita, riflessioni, narrazione e autoironia di Parole – Operetta per voce e piano, debutto alla regia di Umberto Contarello, sceneggiatore importantissimo con collaborazioni alle spalle del calibro di Mazzacurati, Amelio, Archibugi e Bertolocci, fino ad arrivare ai sodalizi con Sorrentino e Salvatores.
“Ogni tanto mi hanno offerto di dirigere una mia sceneggiatura, ci ho anche pensato, ma mi sembrava una cosa faticosa – ha spiegato Contarello all’ANSA – Invece in una sorta di film famigliare come questo, non c’è ansia né fatica ma solo il divertimento e la felicità di fare un film su di me, vista la mia alta autostima”.
Nel concerto di parole e immagini di Contarello, arricchito dalle musiche per piano solo di Danilo Rea (“è un amico, gli ho chiesto di immaginare di stare con il piano lì con me sulla barca”), lo sceneggiatore dialogando con l’amico Corrado Sassi apre originali sguardi su di sé, il rapporto con la sua famiglia, passando per i 35 anni “nei quali non ho fatto altro che immaginare, raccontare e vendere storie”.
Ma perché proprio ora? “Le spiegazioni sono solo a posteriori e quelle le odio. Preferisco pensare che, come capita a volte con i pianeti, in quel momento qualcosa si fosse allineato, messo in parallasse”. Non si può non parlare di Sorrentino che alla Mostra ha in concorso E’ stata la mano di Dio. Il primo dopo This must be the place a non vedere la sua firma: “Il film di Paolo è così intimo, personale, proprio, misterioso che io mai e poi mai avrei messo parola”, dice semplicemente Contarello. Tra le ultime sceneggiature cofirmate da lui c’è quella per Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores: “E qui c’è un’altra coincidenza – aggiunge Contarello – Gabriele girerà delle scene del film al Lido di Venezia proprio in questi giorni di festival”.
Nel cuore di Roma, con vista San Pietro, si erge un Palazzo. Il proprietario, come un mecenate rinascimentale, negli anni offre asilo a una eclettica comunità di amici che ne trasforma ogni angolo in un set cinematografico permanente. Mauro, il più carismatico del gruppo, dirige i condomini in un film visionario, isolandosi progressivamente dal mondo esterno fino a non uscire più dall’edificio. Nel momento della sua morte prematura, il gruppo di amici si ritrova, chiamato a ricevere in eredità le migliaia di ore filmate del capolavoro incompiuto a cui tutti hanno preso parte. Un lascito che scuote lo spirito assopito del gruppo e mette ciascuno a confronto con i propri sogni giovanili, in un tragicomico romanzo di formazione fuori tempo massimo.
Questo racconta Il Palazzo di Federica Di Giacomo, autrice intensa, con studi di antropologia alle spalle.
“Sicuramente il mio percorso formativo mi ha influenzata – dice Di Giacomo – c’è sempre quella volontà di cercare le cose al di sotto della superficie, al di là della questione formale che il cinema impone. Penso sempre ai legami con la società, con le sue trasformazioni e le dinamiche socio culturali. Stavolta però la sfida era diversa, per me è sempre uno sguardo antropologico ma su una realtà urbana, emotiva, su uno stato mentale più che su un fenomeno o un ambiente particolare. L’uomo è sempre al centro delle mie attenzioni, in questo caso attraverso il tema della marginalità, anche se forse si tratta di una visione meno esotica e meno visibile rispetto ad altri miei lavori. Parlo di una generazione che si è trovata a bruciare prematuramente le strutture precostituite senza riuscire a trovarne altre che riempissero le sue esigenze”.
E anche qui troviamo il tema del lutto, che è antropologicamente tra i più rilevanti: “Mi toccava personalmente, anche se io avevo iniziato a fare il film prima che Mauro scomparisse. Ruoto attorno a questi personaggi che possono apparire eccentrici e un po’ troppo inseriti nel loro mondo, ma è anche un argomento puramente antropologico perché tocca tutti. Tutti abbiamo provato o proveremo un lutto sulla nostra pelle, nella vita. Quando c’è di mezzo la morte di un sodale, di un amico, scatta un meccanismo di identificazione con chi se ne è andato. Si pensa: e se me ne andassi io? Cosa lascerei? Cosa rimarrebbe? Cosa ho finito e cosa no? Questo mi permetteva di costruire un racconto corale, un’elaborazione con domande che non hanno risposta ma con un passato testimoniato da tutti”.
Cosa rappresenta questo Palazzo, oltre a quello che didascalicamente si vede? “Lo chiamiamo ‘il sistema Palazzo’. E’ la volontà di restare fuori dal sistema produttivo precostituito, di fare arte senza chiedersi cosa ne pensano gli altri, senza pensare ai risultati o alla società. Però tutto questo si paga con un lato inquietante. La libertà ha i suoi limiti. Se si entra nel Palazzo poi difficilmente se ne esce. Si rinuncia alle pubbliche relazioni, alla mondanità, si sta lì chiusi con quel bel panorama ma si rinuncia comunque a qualcosa. La pandemia era imprevedibile, ma in qualche modo ci ha dato la visione di un mondo dove si vive distanti e di pura immagine. Anche Mauro aveva accumulato molte immagini e ce le ha lasciate. Forse in un immediato futuro saremo solo immagine”.
La 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, che si è conclusa sabato 11 settembre al Lido, prosegue online con alcune delle sue sezioni più innovative (Venice VR Expanded, Orizzonti Cortometraggi), molto apprezzate anche quest’anno dal pubblico e dalla critica
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