Nodo assicurazioni: nessuna copertura se il mercato non si rilassa

Camilla Guglielmotti, titolare della società Assimovie e broker assicurativo specializzato nel settore cinematografico, prova a fare il punto sul cosiddetto "nodo assicurazioni"


“Chi ha interrotto le riprese prima della pandemia, con un’assicurazione che non escludeva il covid, può tornare a lavorare sul set con la stessa copertura assicurativa. Per chi deve cominciare adesso il discorso è diverso”. Così Camilla Guglielmotti, titolare della società Assimovie e broker assicurativo specializzato nel settore cinematografico, prova a fare il punto sul cosiddetto “nodo assicurazioni”, che in tutto il mondo sta tenendo in scacco i set cinematografici.

“Quando si parla di un problema con le assicurazioni, ci si riferisce esclusivamente all’interruzione delle riprese per l’indisponibilità di un attore, del regista o del protagonista. Questi imprevisti, fino a oggi, si gestivano con delle polizze cast in virtù delle quali, in una di queste eventualità, la compagnia assicurativa si impegnava a coprire tutto o parte del budget del progetto”.

Girare con un attore o un regista molto anziano, o malato, è sempre stata un’eventualità prevista dalle assicurazioni attraverso polizze aggiuntive. Il problema, del tutto inedito, si è verificato con la dichiarazione, l’11 marzo, dello stato di pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS): “Da quel momento in poi, tutte le compagnie assicurative hanno immediatamente escluso il covid dal complesso delle condizioni. In questo momento, in tutto il mondo, non si trova una copertura adatta”.

Gli assicuratori, spiega Guglielmotti, “stanno cercando una soluzione”: il danno ricade su tutto il mercato e non ha senso parlare di una presunta “malizia” delle assicurazioni (in Italia operano nel settore tre compagnie nazionali e gruppi internazionali con sede nel paese). “Semplicemente non ce la farebbero a sostenere i costi. Sono società private, per la prima volta di fronte a un rischio pandemico”.

Il problema specifico del covid, capace di mandare in tilt i parametri assicurativi, “è che non c’è ancora una cura, e dunque non c’è certezza sulla risoluzione della malattia. Non è tanto la mortalità a rendere difficile il calcolo del rischio, ma la sua durata. Che può protrarsi anche per due mesi”.

Orizzonti concreti per una risoluzione del problema, attualmente, non ce ne sarebbero. A meno che la situazione internazionale non si rilassi. “La pandemia dichiarata sui mercati non è confortante. La speranza è che entro maggio, giugno, si trovi qualche spiraglio. L’ipotesi più discussa al momento è che le interruzioni parziali vengano pagate dai produttori, e che per i danni più ingenti, come la cessazione del progetto, possa intervenire l’assicurazione. Molto dipenderà dalle riaperture di maggio e da cosa accadrà. Se il trend del calo dei contagi continuerà, i mercati si rilasseranno. E sarà più probabile trovare qualcuno disposto a rischiare”.

Gli spot pubblicitari sono tra i primi prodotti destinati a tornare sul set (le riprese concentrate in un paio di giorni rendono più accettabile il rischio), così come i programmi tv “che hanno una gestione del set più facile a livello di protocolli e un rischio gestibile”. Per tutti gli altri, tornare a girare è pur sempre possibile, ma giudicato dai broker “molto imprudente”, e comunque subordinato alla stesura di un protocollo di misure specifico per il settore – condizione cui dovranno attenersi anche i set che riprenderanno a girare, dotati di una copertura assicurativa pre.-covid.

04 Maggio 2020

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