Architetture gigantesche, eserciti enormi, drappi e sete pregiate, scenografie sontuose. Ai tempi di Immortals, peplum kolossal di Tarsem Singh in uscita con 01 l’11-11-11 (come recita il manifesto giocando coi numeri), in 330 copie, la crisi in Grecia non c’era proprio. O meglio: era d’altro tipo.
Il brutale e sanguinario Re Iperione (Mickey Rourke) sta devastando con il suo feroce esercito l’Ellade tutta, demolendo ciò che trova sul suo cammino con spietata efficienza. I villaggi cadono sotto i colpi delle legioni e ogni vittoria porta il malvagio sovrano più vicino al suo obiettivo: risvegliare il potere dei Titani, imprigionati alle pendici del Tartaro, per sconfiggere gli dei dell’Olimpo e governare sull’umanità. Nessuno pare in grado di fermarlo, fino a che Iperione non incappa nel semplice contadino Teseo (Henry Cavill), uccidendo sua madre. Il ragazzo giura vendetta, e quando incontra l’Oracolo della Sibilla (Freida Pinto), le inquietanti visioni della ragazza lo convincono che lui avrà un ruolo fondamentale nel destino della Grecia…
Rigorosamente in 3D, il film, costato circa 75 milioni di euro, vuole rifarsi chiaramente al successo di 300, con cui condivide i produttori Gianni Nunnari e Mark Canton che, incontrati Charles e Vlas Parlapanides, i due fratelli greco-americani che hanno proposto la sceneggiatura, non hanno esitato a metter su una nuova potenziale macchina macina-soldi. Il protagonista Cavill, tra l’altro, sarà il prossimo Superman dello schermo sotto la guida di Zack Snyder. Chi più di lui poteva calarsi nel gonnellino dell’eroe classico?
Classico, sì, ma fino a un certo punto. L’approccio visivo del film ricorda infatti, più che uno scenario antico, un mix di videogiochi – media da cui sono mutuati anche molti movimenti di macchina e la regia di certi combattimenti, pittorescamente violenti – e raffinati spot pubblicitari.
Il regista ha dichiarato però di voler basare le immagini sul “Caravaggio, che lavorava con una tavolozza di colori saturi, luci drammatiche, movimenti dinamici ed emozioni estreme nei suoi dipinti”. La dicotomia divino-umano, tematica tipica del genere, rimane intatta, fungendo anche da spunto per qualche esperimento: “Durante le scene di battaglia, gli dei si muovono molto più rapidamente degli umani – dice Singh – cosa che fornisce un contributo notevole all’azione. Tutti i nostri combattimenti sono differenti. Gli scontri tra esseri umani avvengono in tempo reale così come quelli tra divinità, considerando che loro hanno la stessa velocità, quindi non si capisce la differenza tra i loro duelli e quelli degli uomini. Ma quando gli dei combattono con gli uomini – conclude – questi ultimi sembrano bloccati e congelati”. Difficile da spiegare a parole, ma chi ha impugnato almeno una volta il pad per dedicarsi a God of War, Prince of Persia o qualsiasi altro picchiaduro per Playstation, capirà al volo il concetto.
Piuttosto che riferirsi a un periodo storico reale, gli scenografi si sono sforzati di creare un mondo originale. “Non è l’età minoica o quella del bronzo – sostiene Charles Parlapanides – E’ l’età di Tarsem. Ci sono gli dei dell’Olimpo e i Titani, ma non è facilmente riconoscibile. Viene dalla sua mente, è dark e brutale”. Scelta analoga è stata fatta per i costumi, creati da Eiko Ishioka, premio Oscar per il Dracula di Coppola. “Abbiamo subito deciso di non orientarci verso il greco classico conclude il regista avevo per le mani un genio come Eiko e non volevo limitarla. E poi, questo è un film d’azione. Dovevo assicurarmi che non realizzasse costumi magnifici in cui non ci si poteva muovere”.
Nel cast anche John Hurt e Luke Evans, nei panni di Zeus, da vecchio e da giovane.
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