VENEZIA – Dopo l’apertura con George Clooney e Sandra Bullock, Nicolas Cage è la prima grande star ad approdare al Lido quest’anno. Lo fa per presentare Joe di David Gordon Green, in concorso, una storia ruvida, violenta e diversa da quanto fatto ultimamente dall’attore, qui nel ruolo sofferto e impegnativo di un uomo che ricerca sé stesso e una redenzione per le azioni violente che ha commesso in passato. Di giorno lavora come taglialegna, di notte si dà all’alcool e alle prostitute. Nella sua vita entra Gary, un ragazzino di 15 anni appena trasferitosi in città, con una famiglia problematica: un padre alcolizzato e violento, una sorella autistica, una madre inetta. Derubato della sua infanzia, Gary ha imparato a cavarsela da solo. Si avvicina a Joe per chiedergli un lavoro e istintivamente tra i due si crea una reciproca intesa, che li porterà a sviluppare un rapporto padre-figlio.
Gordon Green torna al cinema drammatico dopo la parentesi comico-demenziale di Strafumati e Lo spaventapassere: “L’ho approcciato come se fosse un western”, dice il regista. Cage torna ad affrontare il problema dell’alcolismo, come già fatto in Via da Las Vegas e Il cattivo tenente: “All’epoca mi riprendevo ubriaco per poi imitarmi quando recitavo. Anche oggi farei di tutto per arrivare alla purezza del personaggio, ma non voglio ‘recitare’, preferisco ‘essere’, trovare la verità in una performance. Non significa che debba ubriacarmi, ma, se necessario, giro su me stesso per obnubilarmi ed essere credibile”.
L’attore non risponde sul controllo delle armi in Usa, altro tema del film: “Non sono la persona giusta per rispondere, ma sono convinto che la pace nel mondo inizi in casa, dalla famiglia”, mentre fa i complimenti al collega Ben Affleck per il controverso ruolo di Batman: “Sono felice per lui, è un ottimo attore e ha sempre lavorato bene”. Cage dal canto suo è andato molto vicino sia al ruolo di Superman (negli anni 90) che a quello di Iron Man, finendo poi per interpretare l’eroe maledetto dei fumetti Ghost Rider.
“Lavorare con Nicolas Cage è fantastico – racconta il giovane coprotagonista Tye Sheridan – c’è bisogno di un padre che ti insegni la via, e tra noi si è creato durante le riprese un racconto autentico. Terza rivelazione del film è l’anziano Gary Poulter, l’attore non professionista che interpreta il padre alcolizzato di Tye: “viveva per le strade di Austin, dove abbiamo girato il film – dice Green – Aveva una grande senso dell’umorismo e così gli ho chiesto se voleva fare un provino. Alla fine mi ha convinto e gli ho dato il terzo più importante, e lui è riuscito a fare trasparire la sua umanità in un personaggio davvero deprecabile. Purtroppo è morto poco dopo la fine delle riprese, sarebbe stato un grande attore di western”. “Mi interessa il tema della mascolinità – continua il regista parlando del personaggio di Joe – Provo simpatia per lui ma alle volte lo prenderei per il collo. E’ un uomo ammirevole che però ha dei difetti fatali, per i quali alla fine getta via tutto. Ha delle fratture forti e un codice d’onore particolare e alternativo rispetto a quello della società in cui vive”. “Ma non è un perdente – aggiunge Cage – almeno secondo me. Ha mantenuto il suo lavoro e porta la sua parabola fino in fondo, alle conseguenze estreme”.
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Opera prima del giornalista d'inchiesta Peter Landesman, Parkland, il film prodotto da Tom Hanks, non aggiunge nulla alla conoscenza dell’attentato a John Fitzgerald Kennedy, ma si concentra sulle storie umane che ruotano attorno a quei quattro giorni. Il film andrà in onda su Raitre il 22 novembre alle 21 per i cinquant'anni dell'attentato, a seguire alle 22.50 Gerardo Greco condurrà in studio la diretta di Agorà “Serata Kennedy”
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