Nicola Piovani: “I film in streaming? Verso il piattume pubblicitario”

Il compositore premio Oscar ha tenuto una Masterclass a Venezia 81, accompagnato dalla regista Cristina Comencini


VENEZIA – Più di duecento film alle spalle, un Premio Oscar, quattro David di Donatello e infinite candidature. Non bastano questi numeri a raccontare l’incredibile carriera di una delle più grandi eccellenze del nostro cinema: Nicola Piovani. Il compositore è stato il protagonista della prima delle Masterclass organizzate da Cartier – The Art and Craft of Cinema a Venezia 81. Al suo fianco la regista Cristina Comencini, con cui ha collaborato per il suo ultimo film, Il treno dei bambini. “Una prima collaborazione che spero non sia l’ultima” ha commentato Piovani nel corso di un incontro in cui ha ricordato gli autori con cui ha condiviso le emozioni più grandi: “l’amico” Marco Bellocchio, il mitico Federico Fellini e Nanni Moretti, con cui ha collaborato in quattro occasioni.

Proprio relativamente al lavoro con Moretti, il musicista ha ricordato un paio di aneddoti: “Preferisco avere tempo per comporre, ma è capitato che sotto pressione l’idea arrivasse in fretta. Per Caro Diario Nanni aveva fatto il film con un altro musicista, ma non era convinto e mi ha chiamato dandomi una settimana di tempo. Ci ho pensato una notte e ho accettato. Solo allora mi ha detto che mi dava due settimane. Dato che gli era piaciuto il mio lavoro così istintivo, per La stanza del figlio Nanni si era fissato che non dovessi saperne niente. Sono andato direttamente alla prima proiezione del film, a montaggio finito, e ho visto il film con totale innocenza. Nanni si è seduto dietro di me per capire da come muovevo la nuca se il film mi stesse piacendo o no. Era una storia molto toccante, soprattutto perché avevo figli di età simile e mi aveva molto turbato. Mi sono portato a casa l’emozione di uno spettatore che guarda il film per la prima volta”.

“Nel film c’è questa scelta di raccontare il dolore senza melodramma. – continua Piovani commentano il tema musicale – Più della tragedia della perdita di un figlio, la cosa peggiore che può capitare a un uomo. Raccontare una vita senza. La malinconia statica dell’assenza. Nel dolore tragico c’è l’urlo, c’è il movimento, c’è il rimo. Qui c’è l’impassibilità della vita che circonda il tuo dolore e ho pensato che questo tema potesse raccontare bene questo messaggio”.

Piovani ha prestato il suo pianoforte anche a Fellini, con cui ha perfezionato il suo metodo di composizione, che prevede come prima cosa la realizzazione del tema proprio al pianoforte: “Non un timbro definitivo, ma un modo per intendersi con il regista, una stazione d’incontro. L’effetto di un tema fatto al pianoforte nasconde tante idee di orchestrazione. Le maquette provvisorie hanno qualcosa di definitivo e tagliano le ali all’invenzione. Poi ognuno è libero di lavorare come vuole.

“Fellini diceva che la prima dote di un musicista di cinema deve essere l’elasticità. – continua il compositore – Se fai un film, devi immedesimarti nella poetica dell’autore, tutte le invenzioni musicali sono dentro i paletti che lui ti dà, non devi sfarfallare. È necessario per fidarsi l’uno dell’altro. Se un musicista pensa che un film sia l’occasione per piazzare uno dei suoi temi, la diffidenza è d’obbligo”.

Ma come si sta evolvendo il mestiere di compositore nel mondo di oggi? Piovani ha le idee molto chiare in merito. “Adesso il film è legato alle piattaforme, ma questo porta un cambiamento radicale nella concezione del film. Quando il film viene consumato in una sala è qualcosa di parallelo al teatro, ne mutua i rituali. Si entra, si sta lì per un’ora e mezza e alla fine si applaude o si fischia, o semplicemente si condivide un silenzio. La fruizione sulla piattaforma assomiglia più alla letteratura: quando guardo una serie di 20 episodi, la vedo, mi fermo, ricomincio, come si fa con un romanzo”.

“Anche la musica si deve adeguare a questo cambiamento di linguaggio – conclude Piovani – La nostra tradizione cinematografica prevedeva una struttura musicale che è una vera e propria drammaturgia parallela che segue il film. Temi che sono l’anima musicale del film. Il più illuminante a riuscirci è stato Cicognini. Questo è completamente svanito, il linguaggio musicale che si usa nei film ormai tende a tirare dal lato dello spot pubblicitario. La sequenza vive in sé e non in rapporto a quello che c’era prima e che ci sarà dopo. Una sequenza lenta può essere utilissima, una sosta prima di ripartire. Se ragioni sequenza per sequenza, come fanno le piattaforme, è ovvio che hai paura delle sequenze non musicali, ma se perdiamo questa alternanza diventa il piattume pubblicitario”.

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31 Agosto 2024

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