Per Guillaume Nicloux La religiosa di Diderot (1760) è un antico amore, che risale addirittura ai tempi del liceo. “Ho letto quel romanzo da adolescente e ho coltivato questo progetto per anni. Da ragazzo avrei voluto entrare in seminario, una tentazione che mi ha abbandonato a 13 anni, quando ho scoperto il sesso e la musica. Perciò quel libro ha avuto una profonda influenza nella mia personale ribellione”. Lo scrittore e regista francese (Le concile de Pierre, Una questione privata) è in concorso alla Berlinale con La religieuse, nuova versione, dopo quella pre-sessantottina di Jacques Rivette con Anna Karina all’epoca censurato per “blasfemia e immoralità”, accuse che anche per intercessione di Jean-Luc Godard, che scrisse una lettera ad André Malraux, allora ministro della cultura, non ebbero più gravi conseguenze.
Il racconto, perfetto specchio delle posizioni anticlericali dell’Illuminismo, è ispirato a un vero caso giudiziario avvenuto nella seconda metà del XVIII secolo, quello di Suzanne Simonin, costretta dalla famiglia a entrare in convento nonostante la sua ferma opposizione. A spingere il padre a sacrificarla erano essenzialmente motivi economici, mentre la madre voleva riparare a un torto fatto al marito, che pure non amava, perché Suzanne era frutto di un adulterio, il suo “unico peccato” come lo definisce lei. Il film ripercorre questa vicenda affidandosi alla recitazione molto naturale della giovane attrice belga Pauline Etienne nel ruolo dell’indomita Suzanne, che rifiuta clamorosamente di prendere i voti ma, tornata a casa, viene di nuovo rimandata in monastero, dov’è perseguitata e torturata da una nuova madre superiora inflessibile e crudele (Louise Bourgoin), che l’accusa persino di essere posseduta dal demonio. Si rivolge a un avvocato, dopo aver scritto in segreto un memoriale, per chiedere al Papa in persona di liberarla. Viene trasferita in un altro convento, dov’è preda delle attenzioni erotiche della madre superiora che la lusinga e la corteggia. Per Isabelle Huppert, che dà al ruolo della superiora una dose di ironia molto contemporanea, “questo è un personaggio sorprendente, attraversato e sommerso da qualcosa che non capisce e che la confonde. Una madre assai poco ‘superiore’ e molto fragile che Diderot racconta mantenendo una certa distanza, come fanno tutti i grandi scrittori, come avrebbe fatto Flaubert… E’ questo che rende La religieuse attuale, ricco, capace di attraversare le epoche”.
In effetti il film, che è una coproduzione franco-belga-tedesca e in Italia uscirà il 5 settembre con Officine Ubu, non appare affatto datato se letto come manifesto di una liberazione femminile che in molti luoghi e in molte circostanze è ancora da compiere. Come dimostrano le parole di una giornalista iraniana emigrata a Berlino che si è emozionata vedendo il film. A lei replica l’ateo dichiarato Nicloux: “Anche in Francia c’è ancora un’autorità religiosa che condanna l’aborto, sopravvivenza di una legge patriarcale, di un’ideologia reazionaria”.
E aggiunge: “Mi sono concentrato sull’essenza del testo, che è un’ode alla libertà. Suzanne non nega la sua fede e il suo amore per Dio, semplicemente desidera essere se stessa”.
Diderot denunciava la privazione fisica e spirituale di questa sedicenne, ma anche delle altre monache ridotte a una folle e insensata lotta contro la propria natura e i propri sentimenti, in qualche caso vittime di malattia mentale e spinte al suicidio. Così mostrava le perversioni tipiche di ogni universo concentrazionario, in anticipo su Foucault. “Mia figlia di 17 anni – racconta ancora Nicloux – quando le ho fatto leggere il romanzo mi ha detto che aveva l’impressione che le cose non fossero molto cambiate, specie per la condizione femminile e soprattutto delle ragazze molto giovani che subiscono enormi condizionamenti. Ha ragione, le donne sono tuttora oggetto di violenze e maltrattamenti, il fanatismo religioso è purtroppo ancora attuale”.
Il romanzo di Diderot è incompiuto, il film di Nicloux si chiude, come spiega lui stesso, con una visione panteista e un’immagine pacificante della natura. “Mi sono voluto allontanare anche dalla versione di Rivette, che faceva morire Suzanne, per me è importante che possa guardare al futuro”.
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