LECCE. Nella gelida Reykjavík, battuta da improvvise tormente di neve, il più che 40enne Fusi, enorme adulto bambino sovrappeso, è il protagonista della malinconica commedia Virgin Mountain di Dagur Kari, presentato al Concorso europeo del Festival di Lecce e vincitore di tre premi (Miglior film, attore e sceneggiatura) all’ultimo Tribeca Film Festival. L’obeso Fusi scandisce la sua routine quotidiana tra la casa della madre, dove ancora vive protetto, e il lavoro di trasporto dei bagagli all’aeroporto. Unici svaghi un gioco da tavola, condiviso con l’unico suo amico, sulla Seconda Guerra Mondiale, con soldatini e carri armati in miniatura, la solitaria cena settimanale in un accogliente ristorante thailandese, la richiesta del brano heavy metal preferito alla radio privata. Tutto scorre regolare finché riceve in regalo un corso da ballo di gruppo dove incontra una vivace e solare biondina, almeno così sembra. Per Fusi è l’ingresso finalmente nel mondo adulto, tra prevedibili gioie e delusioni, con il costante pericolo di perdersi o di rifugiarsi di nuovo in famiglia. La libertà purtroppo ha sempre un prezzo.
Dagur Kari già nei film precedenti aveva narrato personaggi disadattati e un po’ fuori posto: un anziano proprietario di bar e un giovane senzatetto, un adolescente bizzarro di paesino sperduto islandese, un graffitista. Per Virgin Mountain, una coproduzione Islanda e Danimarca, il regista ha confezionato la sceneggiatura a misura dell’attore protagonista, Gunnar Jonsson, che aveva conosciuto vent’anni fa in un programma televisivo. “Gunnar aveva questa presenza imponente e l’ho immaginato protagonista di questo film. Ho aspettato tutto questo tempo finché un giorno è arrivata l’idea in aeroporto. Vedendo i veicoli che trasportavano i bagagli dei passeggeri, subito mi è venuta l’immagine di lui rinchiuso in questi mezzi, come bloccato nella sua infanzia. Ho cominciato a scrivere e ho chiesto a Gunnar se voleva interpretare questo personaggio perché in quel momento stava lavorando come cuoco a bordo di una nave”.
Fusi all’inizio sembra un uomo debole e ingenuo, ma alla fine si rivela un uomo forte e solido, che reagisce a volte gentile, a volte rassegnato, alle esperienze vissute. “Nello svolgimento del film quelli che appaiono in un primo momento dei cliché scontati – l’abuso sessuale, la storia d’amore, il bullismo dei colleghi di lavoro – alla fine si rivelano inesistenti o si capovolgono. Il pubblico poi è curioso di vedere il paesaggio o la gente tipica islandese. Volutamente l’ho evitato e mi sono concentrato su Fuji che rappresenta la gente d’Islanda”.
Dagur Kari è anche musicista di un gruppo folk e ha firmato colonne sonore di altri autori. “Occuparsi della musica di un film è per me la parte più divertente, è come preparare un dessert, si tratta di creare sfumature”. Attualmente lavora per la Scuola nazionale di cinema della Danimarca.
Personaggi disadattati ed emarginati tornano in Baby(a)lone, sempre nel Concorso europeo del Festival di Lecce, diretto da Donato Rotunno, regista lussemburghese di origini italiane, ma anche produttore insieme ad altri, con la società Tarantula, di Pasolini di Abel Ferrara.
I 13enni X e Shirley, solitari e insofferenti alle regole scolastiche, si conoscono tra i banchi. Cresciuti troppo in fretta, vengono entrambi da situazioni familiari disastrose che li hanno induriti. Violenza, pornografia e droga sono entrate presto nel loro mondo pre-adolescenziale. Fanno coppia, all’inizio inconsapevolmente, per meglio affrontare le loro solitudini e fragilità. Poi il bisogno d’amore e di libertà prendono il sopravvento e i due giovani tentano una fuga disperata, a qualsiasi prezzo, verso l’ignoto.
Tratto dal romanzo “Amok” di Tullio Forgiarini, insegnante per oltre un decennio, il film, a differenza del libro, sembra dare una chance, una possibile speranza a questi ragazzi feriti che lo scrittore ha voluto più grandi di qualche anno. “Il film ha suscitato polemiche in Lussemburgo – afferma il regista – perché nessuno voleva confrontarsi con questa realtà così dura, raccontata nel film, che esiste nel nostro paese, ma è anche un fenomeno della società europea in blocco. Anzi direi di più, una storia universale. Ho presentato il film, grazie al Ministero dell’educazione, in varie scuole suscitando un dibattito molto intenso”.
I due interpreti, Joshua Defays e Charlotte Elsen, sono stati scelti tra 450 candidati. Dopo averne selezionati 60, Rotunno ha lavorato intensamente con circa una quindicina di ragazzi senza comunicare soggetto e ruoli. “Abbiamo lavorato come un troupe di teatro, avendo incontrato prima i genitori perché era indispensabile avere la massima fiducia. Ho avuto con i ragazzi un rapporto distante e professionale, mai da padre o fratello maggiore”.
Quanto al finale il regista rivela di averne girati tre diversi, ma sempre con la convinzione che quell’amore tra X e Shirley potesse dare loro una speranza futura, purché nel contempo venga concessa la possibilità di assumere un atteggiamento responsabile e maturo.
“Il tentativo è di fare quella che noi definiamo l’epopea comedy cioè immaginare una saga all’americana però con un tono di commedia" spiega la sceneggiatrice che firma con il regista Sydney Sibilia e Luigi Di Capua lo script dei due Smetto quando voglio - Reloaded e Revolution, le cui riprese in contemporanea sono iniziate prima di Pasqua. Ha anche cosceneggiato Nella battaglia di Francesca Comencini con protagonista Lucia Mascino, ciak il 6 maggio, e il drammatico Acqua santa di Laura Bispuri
Premio Miglior Sceneggiatura e Premio FIPRESCI a Ines Tanović per Our Everyday Life; Premio Speciale della Giuria a Virgin Mountain di Dagur Kári; Premio SNGCI Migliore attore a Peter Mullan per Hector
L'attore è protagonista con Lucia Mascino della commedia Fräulein. Una fiaba d’inverno di Caterina Carone: "Questa storia d’amicizia, non d’amore, è un film piccolo che andava fatto perché mi pulisco di tante cose. Mi ha detto l’autrice: nel film arrivi vestito come nei cinepanettoni, con il colbacco di pelliccia, e poi piano piano cambi". De Sica annuncia poi un progetto con Fausto Brizzi e il ritorno in tv, "mi hanno proposto di condurre Zelig e Striscia la notizia"
Tre fratelli protagonisti de La gente resta, documentario di Maria Tilli prodotto da Fabrica con Rai Cinema e presentato al Festival di Lecce. Il racconto di una resistenza all'inquinamento ambientale