Istituto Luce Cinecittà presenta Nel nome di Antea L’Arte italiana al tempo della guerra. In occasione dell’uscita home video del cofanetto dvd+libro distribuito da Luce Cinecittà si terrà un incontro in live streaming dalla Festa di Roma giovedì 15 ottobre alle ore 17 presso lo Spazio Roma Lazio Film Commission. Ecco il link http://www.lazioinnova.it/news/streaming oppure https://www.youtube.com/channel/UCQwCmJnPAqCJIAAkkV1yApQ
Saranno presenti il regista Massimo Martella e Lorenzo Cantatore, professore di Storia della Pedagogia e Letteratura per l’infanzia a Roma Tre, Alessandra Celletti, compositrice e ideatrice delle musiche del film, Massimo Wertmüller, attore e voce narrante.
Quando un paese entra in guerra, a cosa va incontro il suo patrimonio artistico? Vale la pena rischiare la propria vita per salvare un’opera d’arte dalla distruzione? Prodotto e distribuito da Istituto Luce Cinecittà il documentario è un viaggio commosso, immaginifico, partecipe a cavallo tra la più alta bellezza e la più tetra distruzione: la storia avventurosa di cosa accadde a migliaia di capolavori dell’arte rinascimentale, barocca, moderna e contemporanea conservata in quel campo delle meraviglie che è l’Italia, all’esplodere della Seconda Guerra Mondiale, sotto l’invasione nazista, e i bombardamenti che devastarono le nostre città. Ed è soprattutto la storia di quelle donne e uomini che si adoperarono e rischiarono per salvare quelle opere.
Donne e uomini il cui amore è simboleggiato nel film da due ritratti e dalle loro voci (date da Letizia Ciampa e da Massimo Wertmüller): il Ritratto di giovane donna (Antea) di Parmigianino, ora esposto nel Museo di Capodimonte a Napoli, e il Ritratto di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez, nella Pinacoteca di Brera. Sono questi due personaggi a condurci, tra interviste, documenti, preziosi filmati e fotografie d’archivio, e naturalmente capolavori immortali di 500 anni di civiltà artistica, attraverso una storia ricca di avventure, sotterfugi, pericoli, morte, autentica passione. In un inno alla bellezza senza tempo dell’arte, e un omaggio a coloro che si sono adoperati e si adoperano per sottrarla alle ingiurie del tempo e degli uomini.
Nel film si racconta di Pasquale Rotondi, che in due rifugi nelle Marche mise in salvo migliaia di opere del Nord Italia; di funzionari ministeriali come Lavagnino, Argan, Lazzari, che quando nessun posto in Italia era più sicuro, pur privati di ogni incarico dal nuovo governo della Repubblica di Salò riuscirono a ricoverarne una parte all’interno del Vaticano; dell’odissea delle opere d’arte napoletane, portate via da Montecassino dove erano nascoste poco prima che l’abbazia venisse rasa al suolo; dei capolavori dei musei fiorentini, trafugati dai nazisti e recuperati prima che passassero il confine; di due giovani studiose, Palma Bucarelli e Fernanda Wittgens, che unendo competenza e sprezzo del pericolo salvarono i capolavori loro affidati; infine, dei tentativi di restaurare ciò che sembrava irrimediabilmente perduto. Anche se non tutto si è salvato, è grazie a loro che possiamo ancora ammirare e mostrare al mondo i Caravaggio, i Giorgione, i Raffaello. Il generale Clark disse che fare la guerra in Italia era come combattere in “un maledetto museo”. Quel museo è sopravvissuto, e se da un lato continua a raccontare la storia della nostra identità, dall’altro trasmette immutato a chiunque venga a visitarlo nei musei e nelle piazze italiane il valore universale della bellezza.
“Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà? I cosiddetti ‘intellettuali’, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi. Sarebbe troppo comodo essere intellettuale nei tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è pericolo”, scrisse Fernanda Wittgens dal carcere nel 1944).
Massimo Martella ha scritto e diretto due documentari per Istituto Luce Cinecittà: Mio duce ti scrivo, co-prodotto anche da Raitre, e Nel nome di Antea – L’arte italiana al tempo della guerra.
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