Gianluca Giannelli, coordinatore della sezione Alice nella città per il Festival Internazionale del Film di Roma, presenta il festival di Natale dell’Auditorium Parco della Musica, che quest’anno è dedicato al grande scenografo Emanuele Luzzati, con queste parole:
“Quando, nel 2007, organizzammo la Mostra sul Signor Bonaventura, di cui Luzzati aveva curato la versione teatrale, siamo entrati in un mondo magico dal quale non siamo più usciti.”
L’immagine evoca grandi suggestioni: la “selva oscura” di Dante, la foresta di Cappuccetto Rosso, il boschetto di Diana dimora del ‘rex nemorensis’, il giardino dei mostri di Bomarzo, il paese delle meraviglie di Alice.
Tutti boschi immaginifici simbolicamente legati a riti di passaggio, da cui in effetti non si esce o si esce profondamente cambiati, cresciuti, maturati.
Anche Luzzati, artista poliedrico ed eclettico, era estremamente legato a questo tema: “La mia scena è un bosco – diceva del suo lavoro – quasi sempre un bosco, ma al posto degli alberi ci sono vecchi mobili, pile di sedie, armadi accatastati l’uno sull’altro, vecchi banchi di scuola, comodini da notte, spalliere di letti, e perfino vecchie auto rovesciate.”
Proprio la ricostruzione del “bosco” immaginato dallo straordinario artista è uno degli eventi di punta dell’originale omaggio, che si aprirà al pubblico il 5 dicembre per durare fino alla conclusione delle feste natalizie.
Tra le foglie e i rami si incontreranno i personaggi di Luzzati, i suoi disegni, i suoi esperimenti grafici, il cinema, il teatro e tutti i personaggi che gli hanno tenuto compagnia nel corso della sua lunga e variegata carriera: da Pulcinella a Mangiafuoco passando per i protagonisti delle opere di Shakespeare.
Ma il bosco di Luzzati non è affatto spaventoso: “È l’iniziativa ideale per il periodo natalizio – dichiara il presidente della Fondazione Musica per Roma Gianni Borgna – perché piacerà ai bambini, interessando al contempo i grandi. L’intrattenimento perfetto per le famiglie.”
E questo è solo un piccolo tassello di un quadro che comprende una miriade d’iniziative.
C’è la mostra, organizzata in regime di collaborazione con il Museo Luzzati di Genova, in cui saranno presentati bozzetti, disegni, litografie, scenografie nonché il “presepe”, opera di scenografia urbana che l’artista aveva disegnato per Torino e che fino a oggi non aveva mai lasciato il capoluogo piemontese.
Ci sono gli spettacoli organizzati in collaborazione con la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse di Genova, dal Candido viaggio tragicomico nel migliore dei mondi possibili alle rappresentazioni dei Burattini, come La favola del flauto magico e Alì Babà .
E ancora una parata nel bosco, con i personaggi che prendono vita davanti agli occhi meravigliati dei più piccoli, letture ad alta voce e laboratori, per celebrare il talento eclettico di Luzzati che spaziava dalle ceramiche, alle illustrazioni, all’animazione.
In conferenza, per saluti e ringraziamenti di rito, ci sono anche il presidente della Fondazione Cinema per Roma Gian Luigi Rondi e l’ad della Fondazione Musica per Roma Carlo Fuortes.
C’è la vedova di Giulio Gianini, che con Luzzati aveva realizzato dei film d’animazione che sono diventati dei veri e propri classici, da I paladini di Francia del 1960 a Il flauto magico del ’78, passando per la “trilogia rossiniana” composta da La gazza ladra, L’italiana in Algeri e Pulcinella e le favole animate Alì Babà , I tre fratelli, La donna serpente, L’uccello di fuoco.
“Mi dispiace che non sia prevista la proiezione dei loro film”, dice la Gianini, ma a rimettere equilibrio ci pensa Sergio Noberini, curatore del museo Luzzati di Genova: “Emanuele si arrabbiava molto quando sentiva parlare dei ‘film di Luzzati’. Specificava sempre che senza Gianini lui non sarebbe stato in grado di realizzare nulla.”
A rafforzare il ricordo dell’ ‘uomo Luzzati’, umile e comunicativo, assolutamente non geloso del proprio lavoro, ma anzi desideroso di condividerlo con gli altri, intervengono personalità umanamente e professionalmente legate all’artista: da Emanuele Conte, figlio del regista Tonino fondatore del Teatro della Tosse e grande amico di Luzzati, a Teresa Rodari, moglie dello scrittore pedagogo Gianni per cui Luzzati aveva illustrato diversi testi.
“Luzzati non amava definirsi pittore – continua Noberini – aveva spesso ammesso di non essere in grado di dipingere un quadro. E non s’imponeva mai sul lavoro di nessuno, ad esempio durante i laboratori era lui a inserirsi sul lavoro del bambino o del disabile a cui stava insegnando, lasciando uscire la personalità artistica dell’altro.”
C’è anche la costumista Santuzza Calì, che significativamente conclude: “Ogni mostra, per quanto bella e curata, sembrerà sempre troppo poco per chi lo conosceva. Ma è tantissimo per chi si accosta al suo mondo per la prima volta. Luzzati era grande proprio per la sua ‘non professionalità’. Amava lasciare appositamente i lavori incompleti, per permettere alle persone che ne fruivano di metterci del loro, completandoli con la fantasia.”
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