‘Nasty’: il doc su Ilie Nastase, la prima rockstar del tennis

Presentato nelle Special Screenings del 77° Festival di Cannes, il documentario 'Nasty, more the just tennis' racconta la storia del primo tennista a raggiungere la posizione numero uno della classifica ATP


CANNES – Chi è Ilie Nastase? Il primo tennista a diventare numero uno nella storia della classifica ATP, direbbero alcuni. Il primo tennista europeo a diventare milionario grazie al suo lavoro, direbbero altri. Sicuramente è stato uno degli atleti più divisi e controversi di tutti i tempi. In poche parole è stato “Nasty”, non solo un diminutivo del suo nome, ma anche un aggettivo inglese che può significare “cattivo” e “sgradevole”.

Il documentario Nasty, more the just tennis diretto dai registi romeni Tudor Giurgiu, Cristian Pascariu e Tudor D. Popescu arriva al 77° Festival di Cannes nella sezione Special Screenings, in un periodo in cui – almeno in Italia – il tennis non è mai stato così popolare. I successi di Sinner e Alcaraz che promettono la nascita di una nuova generazione di fenomeni, ma anche la popolarità del film Challengers di Luca Guadagnino, sono elementi che stanno rimettendo questo sport sulla mappa mondiale, creando milioni di nuovi appassionati in tutto il globo. Un processo simile a quello che 50 anni fa è riuscito a fare, con la sola forza del suo talento e del suo estro, un atleta proveniente dall’allora remotissima Romania: il grande Ilian Nastase.

Numero uno del mondo per quaranta settimane nel 1973, vincitore di due Slam e abilissimo doppista grazie alle collaborazioni con il compagno di nazionale Ion Tiriac e poi con Jimmy Connors, Nastase è stata la prima superstar del tennis, o meglio una rockstar, per i suoi comportamenti totalmente sopra le righe dentro al campo, che al giorno d’oggi avrebbero forse portato a qualche diagnosi di uno psicologo. Un atleta capace di avere più controllo della palla che di se stesso. Certamente, un grande intrattenitore, che ha mostrato per la prima volta al mondo intero le potenzialità di uno sport dall’indubbio fascino. Un bad boy del tennis, che veniva amato nonostante tutto, dalle donne per il suo fascino, dal resto dei tifosi per la sua generosità, la sua simpatia e il suo “innato tempismo da clown”. Nastase aveva un soprannome per tutti, cosa che gli porterà gravi conseguenze e accuse di razzismo anche in tempi recenti, ed era sempre benvoluto, nonostante comportamenti spesso del tutto inaccettabili. Come nella famosa partita con Arthur Ashe, in cui spinse il suo avversario all’abbandono del match portando a un’inedita e mai più ripetuta doppia squalifica.

Il mondo del tennis in cui ci catapulta questo film è molto diverso da quello di oggi. Un tennis in cui si portavano le racchette – rigorosamente di legno – sotto il braccio, in cui i montepremi degli Slam erano di appena 15mila dollari, in cui le regole del gioco non erano ancora ben definite. Nastase è stato l’atleta che ha trasportato uno sport amatoriale nella Open Era: con il suo tennis creativo, la sua follia intrattenente e il suo look colorato e accattivante ha attirato l’attenzione degli spettatori, dei media e degli sponsor (rigorosamente in questo ordine) e con i suoi comportamenti fuori dagli schemi e, dalle regole, ha costretto le istituzioni sportive a definire una volta per tutte un chiaro codice di comportamento, valido ancora oggi. Insomma, Nastase ha letteralmente costruito il gioco, rendendo il tennis ciò che è ora.

Gli autori di Nasty hanno preso sicuramente ispirazione dal documentario sportivo simbolo degli ultimi anni, The Last Dance, per il modo in cui viaggiano avanti e indietro nel tempo, senza mai perdere come riferimento quel magico 1972 che rese Nastase il primo numero uno della storia del tennis moderno. Un fiume di immagini di repertorio fanno da collante all’intervista allo stesso Nastase, e quelle di testimoni come Rafael Nadal, Björn Borg, John McEnroe e Phil Knight, l’amministratore delegato della Nike interpretato da Ben Affleck nel film Air, per costruire un film in cui emergano le infinite contraddizioni di questo stella del tennis e dell’intrattenimento.

“Ilie Nastase in campo è stato favoloso. – commenta il regista Tudor Giurgiu – Questo giovane proveniente da un paese comunista è riuscito, in pochi anni, a conquistare il mondo con il suo talento e la sua personalità. Abbiamo lavorato a questo progetto per 5 anni, durante i quali abbiamo scoperto archivi impressionanti su Nastase carriera e vita e abbiamo avuto la possibilità di parlare di superstar dello sport, che sono state profondamente influenzate da lui”.

Il climax del film ha molto a che fare con la Romania, raccontando quella finale di Coppa Davis giocata in casa, a Bucarest, in un contesto politico totalmente ingestibile. Si trattò di uno dei pochi veri fallimenti della carriera di Nastase, forse un momento cruciale per comprendere a fondo un atleta e un uomo “complesso, sempre sorprendente, difficile da definire che ha fatto la storia della Romania e del tennis”.

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24 Maggio 2024

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