CANNES – Forte dell’ottimo risultato al botteghino italiano (leggi la nostra notizia), Nanni Moretti è in concorso a Cannes, secondo italiano dopo Marco Bellocchio, accolto molto bene dal pubblico e dalla critica, e prima di Alice Rohrwacher. Per l’attore e regista, attorniato dal suo cast, con l’eccezione di Silvio Orlando impegnato a Ventotene sul set di Virzì, è il momento di incontrare i giornalisti italiani, rispondere alle domande, tranne quelle più impertinenti, come la valutazione dei membri della giuria guidata da Ruben Ostlund e che annovera tra le sue fila anche la Julia Ducournau di Titane, su questo tema sarebbe “inelegante” esprimersi, dice Moretti, che due anni fa aveva “bocciato” con un post ironico la Palma d’oro alla cineasta francese.
Margherita Buy, Barbora Bobulova e Mathieu Amalric, che rivela di amare Moretti da quando aveva 15 anni (“fa parte della mia mitologia personale”), sono alcuni dei protagonisti de Il sol dell’avvenire, film corale e summa della poetica di Nanni, politico e sentimentale ad un tempo. Leggi l’articolo sul film
Moretti, si aspettava l’ottimo risultato del film in sala?
Prima dell’uscita abbiamo fatto alcune piccole proiezioni per la troupe e mi sono reso conto di come veniva accolto, è un film in cui mi metto a nudo ed è pieno di cose. Mi fa piacere quando qualche giovane regista mi dice che questo film gli ha dato energia e fiducia in quello che si può fare con il cinema. Come spettatore, quando un film mi colpisce, mi viene voglia di lavorare, di mettermi a scrivere.
Venne a Cannes trent’anni fa con Caro diario. Cosa ricorda di quella volta?
Il presidente giuria era Clint Eastwood, che anni dopo, in un’intervista, citò la mia Vespetta. Non credo che il mio film fosse vicino a quello che lui faceva e dunque mi ha colpito che se ne ricordasse. Con Caro diario è stata la prima volta che sono stato premiato a Cannes con il primo film in cui interpreto me stesso. Mi sembrava assurdo nascondermi dietro un personaggio di finzione, soprattutto nell’episodio della malattia e in quello dei giri in Vespa. Avevo da poco la sala, ora sono 32 anni… Nella primavera del ’93 per 13 settimane abbiamo proiettato Die zweite Heimat, un episodio a settimana. Sono ricordi che restano.
C’è un legame tra Caro diario e Il sol dell’avvenire.
Sono due film in cui c’è molto la mia persona. I primi film che ho fatto anche come produttore (Palombella rossa, Caro diario e Aprile) non avevano una sceneggiatura precisa a inizio riprese, mentre da La stanza del figlio non ho più scritto da solo e ho sempre cominciato con una sceneggiatura. Margherita vuole rispondere alla domanda sul suo primo film da regista Volare e sulla paura di volare, infatti è venuta da Roma in macchina. Fare cinema è terapeutico? No, non è terapeutico.
Come sarebbe stata la storia del Pci se ci fosse stato quello strappo con l’Urss che immagina nel film?
Nel 2010 intervistai Pietro Ingrao e glielo chiesi, ma lui mi fece sentire il più ingenuo degli ingenui. Da sempre, da quando ho cominciato a interessarmi, anche se con intermittenza, di politica, penso a quello snodo. Ci sono registi che con compiacimento buttano in faccia allo spettatore una realtà orrenda che sono compiaciuti di raccontarci, mentre io ho preferito raccontare una realtà migliore.
E’ stato due volte in giuria a Cannes.
Sì, nel ’97 con Isabelle Adjani e Tim Burton, che era sempre di buon umore, tranne la mattina dell’ultima riunione, perché la notte aveva fatto sogni terribili. Eravamo rinchiusi in una villa fuori Cannes con la polizia. C’erano Mike Leigh, Gong Li, Mira Sorvino… Quindici anni dopo sono stato presidente, Barbora era qui con Il principe di Homburg di Bellocchio. Poi sono stato in giuria due volte anche a Venezia. Mi è sempre piaciuto molto fare il giurato, ci si diverte. Margherita, sei stata in giuria? Chi era il presidente?
Le possiamo chiedere un commento sulla situazione politica in Italia?
La destra fa la destra, la sinistra ricomincerà piano piano a fare la sinistra. Mi ha colpito molto la reazione delle persone in Emilia Romagna, la loro intelligenza, l’energia, la mancanza di vittimismo, il buon umore con cui hanno reagito a questa terribile alluvione.
Invece cosa ricorda della sua prima partecipazione a Cannes con Ecce Bombo?
Avevo una giacca gialla a quadretti presa in un negozio dell’usato. Non c’era il tappeto rosso e il Palazzo era diverso, più anonimo. Non c’era nessun obbligo. Andammo all’ora di pranzo insieme a qualche attore, come Fabio Traversa, Paolo Zaccagnini e un altro amico. Eravamo nella totale inconsapevolezza. Fu l’anno in cui vinse Olmi e qualcosa anche Ciao maschio di Ferreri. Era diversissimo da tutto quello che è venuto dopo. Da Caro diario in poi le cose cambiarono molto. Il film, che in Francia si intitolava Journal Intime, era già stato venduto ai francesi.
Le canzoni sono sempre più importanti nel suo cinema, qui addirittura filo conduttore del film nel film.
Truffaut – credo fosse Truffaut – diceva che le canzonette dicono la verità. Da sempre hanno avuto un loro ruolo importante per assecondare una scena o andarle contro. In Ecce bombo c’erano Adamo e Gino Paoli, in Sogni d’oro Renato Zero; Battiato da Bianca in poi. Nel Sol dell’avvenire parlo del film fatto con le canzoni, per raccontare 50 anni di una coppia e di un paese. Può darsi che primo o poi lo farò davvero.
Cosa non le piace del cinema italiano?
Nell’industria italiana spesso ci sono film commerciali che praticamente non lo sono. Film fatti per il pubblico, ma con poca attenzione alla scrittura. La vitalità di un’industria si vede anche da un solido cinema di confezione.
E cosa invece le piace?
Quando vedo film che sono costati pochissimo ma che sono fatti con tutti i crismi e non sono modaioli, spesso li proietto alla mia rassegna Bimbi belli.
Tre piani è stato il suo unico film in concorso a Cannes a non essere uscito prima in Italia.
Doveva uscire nell’aprile 2020 e venire al festival a maggio, ma poi, come sapete, c’è stata la pandemia, quindi il film è stato in frigorifero per un anno e mezzo. Ho aspettato tranquillamente e ho cominciato a scrivere Il sol dell’avvenire. La prima stesura è del giugno 2021. L’emozione c’è stata per Tre piani, ma c’è sempre e sono anche contento che ci sia.
Crede che Il sol dell’avvenire si rivolga soprattutto alla generazione più adulta e meno ai giovanissimi?
Ho girato molto l’Italia, soprattutto al Nord. In sala c’erano anche dei ragazzi e mi sembrava che fossero colpiti dal modo in cui il film era stato fatto. Cosa può dire questo film a un giovane? Che il cinema ti dà tante possibilità.
E’ vero che la scena finale del Sol dell’avvenire è stata girata diverse volte?
Con le tre sceneggiatrici avevamo scritto una scena in cui mia figlia, l’ambasciatore polacco e il produttore francese vestiti in abiti degli anni ’50 sfilavano su Via dei Fori Imperiali. Dopo aver girato mi viene in mente di tornare per riprendere anche tutti gli altri attori del film, compresi i coreani. Finisco e comincio il montaggio. Ma poi mi viene in mente: perché non anche gli attori dei film precedenti? E quindi convoco Traversa, Lina Sastri, Mariella Valentini, Dario Cantarelli, Elio De Capitani, Jasmine Trinca. Poi mi ricordo che non ho chiamato Giulia Lazzarini. E mando un altro messaggio al produttore Domenico Procacci, che crede che stia scherzando. Ma io non sto scherzando e quindi giriamo di nuovo, ai Fori Imperiali, con Alba Rohrwacher, Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri, Gigio Morra.
Ad agosto compirà 70 anni. Cosa farà per il suo compleanno?
Inizierò le prove di uno spettacolo teatrale che segna il mio debutto a teatro. In quelle settimane studierò i testi di Natalia Ginzburg. Poi non so. Bellocchio lo vedo molto operoso, io per ora non ho altre idee.
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