TORINO – La gravidanza in età adolescenziale, da condizione comune in passato, è diventata in fretta un’eccezionalità che affascina enormemente il mondo del cinema, basti pensare a quella perla indie chiamata Juno. Quasi vent’anni dopo, dalla Corea del Sud arriva My Best, Your Least, un nuovo film indipendente che affronta questa tematica da un punto di visto nuovo e originale. Presentato in Concorso al 42° Torino Film Festival, l’opera prima della regista Kim Hyun-jung lascia da parte l’ironia per denunciare una condizione spesso tragica che coinvolge le donne nel suo Paese.
Il film, infatti, racconta di Yumi, una studentessa di un liceo femminile coreano che affronta una gravidanza inattesa, suscitando una reazione che ai nostri occhi potrebbe sembrare sconvolgente: la scuola decide di forzarla ad abbandonare gli studi in modo tale che la sua presenza non “influenzi negativamente” le altre ragazze. Una vera e propria “punizione” che la società, rappresentata in questo caso dall’istituzione scolastica, le infligge in modo tale che nessuno possa pensare che restare incinte a quell’età possa essere qualcosa di accettabile. “Le giovani adolescenti madri vengono trattate sempre così in Corea, per noi è normale perché siamo molto conservatori. – rivela la regista – Questi casi continuano a ripetersi, per questo ho creduto di dovere trattare questo tema”.
My Best, Your Least decide di ad affrontare questo argomento spostando il punto di vista di qualche grado, scegliendo come vera protagonista di questa storia l’insegnante di Yumi, Hee-yeon, e le conseguenze indirette che questa gravidanza avrà su di lei. Alle prese con una fase complicata della sua vita (ha problemi di fertilità), la donna non riesce a essere di aiuto alla sua studentessa, facendosi schiacciare dal peso delle istituzioni e dalle loro retrograde linee guida. “Ho cercato di seguire i cambiamenti psicologici e fisici che accadono a Yumi, quando rimane incinta. – afferma Kim Hyun-jung – Ma ciò che distingue questo film è la presenza dell’insegnante. Solitamente nei media coreani quando si parla di queste tematiche ci si concentra maggiormente sugli adolescenti e sul loro punto di vista, non sulle istituzioni che dovrebbero aiutarli”.
È struggente vedere il senso di colpa crescere in Hee-yeon, quando capisce di avere fallito, come donna, insegnante e, soprattutto, madre in fieri. Ma è ancor più forte vedere il cambiamento che accade in lei, quando decide di porre rimedio ai suoi errori, entrando per la prima volta in empatia con la sfortunata giovane che si trova invischiata in un meccanismo di odio sociale da cui non sa come uscire. “Hee-yeon capisce istintivamente che Yumi è rimasta incinta e i suoi bisogni, ma inizialmente rimane legata alla sovrastruttura scolastica e alla sua prassi. È condizionata anche dalla questione dell’infertilità. – spiega la regista – Quando Yumi viene a trovarla direttamente, lei apre il suo cuore e si avvicina all’alunna”.
Nei panni delle due protagoniste troviamo la giovane Choi Soo-in, conosciuta per il suo ruolo in The Glory, e la popolare attrice Jang Yoon-ju. Due interpreti di spessore che si sono affidate al lavoro di un’esordiente credendo nella bontà del progetto e spendendosi al massimo nel loro lavoro. “Quando è stato chiesto loro perché hanno partecipato a questo film, hanno risposto che erano interessate alla tematica e che erano dei ruoli che potevano portarle a un altro livello. – rivela la regista – Jang Yoon-ju ha lavorato in tanti blockbuster, soprattutto in ruoli comici, caricaturali. Per lei era una sfida interpretare un ruolo drammatico. In quanto regista e sua grande fan mi sono fatta coinvolgere dalla sua presenza. All’inizio ha avuto qualche difficoltà a entrare in un personaggio così spento e triste, ma insieme siamo riuscite a tirare fuori un personaggio credibile. È stata anche molto utile nel dare consigli a Choi Soo-in perché, a differenza mia, aveva già provato l’esperienza della gravidanza”
Con un racconto teso che raggiunge sul finale degli apici espressivi notevoli, My Best, Your Least riesce a mostrarci degli aspetti più nascosti e controversi della società coreana, che spesso vengono nascosti dal glamour di una cultura dell’intrattenimento sempre più pop, tra cinema, serie tv e musica. “Sono molto contenta che la cultura coreana si stia diffondendo nel mondo, ma mi piacerebbe che trovassero spazio anche film indipendenti, gli unici che possono affrontare tematiche di stampo sociale” conclude Kim Hyun-jung, sottolineando il coraggio mostrato da tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione della sua riuscita opera prima.
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