Elisa Fuksas, regista e protagonista, si trova a un bivio esistenziale quando il progetto cinematografico a cui ha lavoratoper anni naufraga. Questo fallimento è l’inizi di una crisi profonda che mette in discussione non solo la sua carriera, ma anche la sua fede nel mondo, negli altri e in Dio. “Quando ti succede di fallire, ti ritrovi a chiederti in che modo successo e fallimento possano essere la stessa cosa” prova a investigare la voce fuori campo di Elisa, prontamente interrotta da quella della Madonna che, spazientita, la ammonisce: “sei pesante e piena di dubbi è questo il problema. Non puoi combattere per qualcosa in cui non credi più”. Desacralizzando la sua crisi, quella voce, quel pensiero forse delirante, quella figura sacra quanto profana, la spinge a reagire e a fare qualcosa: un pellegrinaggio.
‘Marko Polo’ è un esperimento sul Raccontare come forma di fede e anche per questo è un caleidoscopico collage di materiali: scene di copioni spariti o cambiati o riadattati negli anni, diventano fantasie o evocazioni dei possibili film mai fatti.