Non etichettate come una commedia romantica l’ultima fatica americana di Gabriele Muccino, Quello che so sull’amore dal 10 gennaio in sala con Medusa in oltre 450 copie. “E’ una commedia che vira verso il dramma, un film di relazioni umane -spiega il regista – con momenti di verità toccanti e commoventi. Si parla di valori e di un ritrovarsi che è parte della nostra vita”. Così il regista generosamente e a viso aperto difende la sua, o meglio in parte, creatura datata 2011 e costata intorno ai 20 milioni di dollari, dopo il deludente risultato al box office statunitense, 13 milioni sempre di dollari, nonostante un cast di tutto rispetto: Gerard Butler, Jessica Biel, Uma Thurman, Catherine Zeta-Jones e Dennis Quaid. Per non parlare delle critiche impietose, come quella dell’ ‘Huffington Post’ che ha definito Quello che so sull’amore “piatto, noioso, amatoriale, il titolo peggiore dell’anno”.
Un film tutto costruito sulla rinascita di un famoso ex calciatore ridotto sul lastrico e, a causa dei suoi tradimenti, divorziato dalla moglie e separato dal figlio. George lascia il Canada e torna a vivere nella provincia americana dove vivono la sua ex, Stacel, prossima a risposarsi e il piccolo Lewis, diffidente nei confronti di un padre prima assente e distratto. Il percorso di maturità e riscatto del 40enne George, diventato nel frattempo allenatore della squadra di calcio di Lewis, procederà a strappi, complici le annoiate e seducenti mamme dei compagni del figlio.
Muccino ripercorre le vicissitudini della pellicola oltreoceano. A cominciare dal primo test screening dall’esito negativo: il film era stato catalogato solo per l’uscita in DVD. “Si trattava di una versione con tagli voluti dai produttori e distributori americani, ai quali purtroppo avevo dato retta”. Il secondo screening della versione del regista va decisamente meglio, il film può essere distribuito in sala ma il genere d’appartenenza è commedia romantica. “Così per rendere la narrazione omogenea mi hanno chiesto di togliere due scene drammatiche, in particolare quella in cui Uma Thurman, nel ruolo di una donna stanca della propria vita familiare, si chiude nel bagno dell’appartamento di George e dichiara la sua infelicità”.
E ancora Muccino ammette che il finale all’origine pensato era aperto, mentre l’happy end di ora è frutto dell’uniformità produttiva. “Negli Usa vendono il genere e non il regista che è secondario. Quando si trovano davanti un ibrido non sanno come collocarlo sul mercato. E’ accaduto anche con Sette anime a cui non sono state risparmiate stroncature nonostante il successo di pubblico”.
Muccino smentisce poi di aver mai detto in un’intervista alla ‘Repubblica’ che Hollywood è spietata. “Parole non mie. Del resto i due precedenti successi americani, La ricerca della felicità e Sette anime, nascono nel sistema hollywoodiano dove ho goduto di libertà assoluta e del miglior attore, Will Smith”. Quello che so sull’amore è invece un film indipendente, realizzato con finanziamenti provenienti da diversi Paesi, ci tiene a precisare, compresa la partecipazione italiana di Andrea Leone Films.
Quanto all’esito deludente nelle sale statunitensi, colpa di un trailer confuso – “Il marketing negli Usa è più importante del prodotto” – di un brutto manifesto, di un titolo sbagliato (in italiano sarebbe Giocare in ritirata) e di un’uscita nel week end pre-natalizio quando le donne, il pubblico di riferimento, sono impegnate nello shopping.
Nonostante tutto il regista romano intende proseguire la sua avventura americana, sta scrivendo infatti un film in inglese ambientato negli Usa. “E’ una sfida con me stesso, non voglio uscire dall’arena senza aver vinto. Se sarò costretto ad andarmene, uscirò con onore e voglio essere io a deciderlo”.
L’ultima battuta è riservata alle donne americane di provincia mostrate nel suo film: “Sono prive di pathos, non dicono quello che hanno nel cuore, divorziano in silenzio, ripetendo la solita frasetta: I can’t do this anymore“.
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