Moretti re di Cannes: “Bene tre italiani in gara, ma il merito è dei singoli

“Sono contento che ci siano tre film italiani in Concorso, e nostre opere anche in altre sezioni. Ma questa nostra presenza è frutto dell’iniziativa individuale, di singoli registi o produttori"


CANNES. “Sono contento che ci siano tre film italiani in Concorso, e nostre opere anche in altre sezioni. Ma questa nostra presenza è frutto dell’iniziativa individuale, di singoli registi o produttori, e non tanto di un clima che esiste intorno al cinema in Italia. C’è semmai un’attenzione distratta al cinema come fenomeno sia artistico che produttivo”. Così Nanni Moretti all’incontro ufficiale con i giornalisti, subito dopo l’anteprima per la stampa di Mia madre, accolto da calorosi applausi, mentre alla premiere con il pubblico il regista si è commosso alle lacrime per i dieci minuti di ovazione. Accanto a lui gli interpreti Margherita Buy, Giulia Lazzarini, John Turturro, Beatrice Mancini, gli sceneggiatori Francesco Piccolo e Valia Santella, il produttore Domenico Procacci e l’AD di Rai Cinema Paolo Del Brocco.

Il regista si è detto poi convinto che fuori d’Italia un suo film sia visto e giudicato senza che ci siano interferenze d’altro tipo come accade invece da noi. “Qui o in altri festival internazionali vedono il mio film e basta. Non pensano al mio personaggio pubblico o alle mie posizioni politiche. O ancora perché dà poche interviste, non misurano il tasso di simpatia o antipatia, di calore o freddezza rispetto ai giornalisti. In Italia probabilmente ci sono tanti elementi in più quando si vede un mio film, qui no”. E’ la sua settima volta in Concorso a Cannes e l’ultimo italiano ad aver vinto la Palma d’oro, nel 2001 con La stanza del figlio, oltre ad essere stato presidente della giuria nel 2012.

Nonostante il tema trattato non manca a tratti l’ironia in ‘Mia madre’.
Tutti i miei film hanno momenti sia dolorosi che divertenti, non è una strategia studiata a tavolino. E’ il mio modo di raccontare la vita e le persone. E’ un film su ciò resta tra di noi, vivi, delle persone che muoiono: i libri, gli scatoloni, il latino che la nonna insegna alla nipote, i ricordi che gli ex alunni raccontano e grazie ai quali Margherita e Giovanni sembrano avvicinarsi in modo nuovo alla loro madre, scoprendo qualcosa che forse era a loro sfuggito.

Quanto c’è di lei nel personaggio di Margherita?
C’è molto, ma non ho mai pensato che sarebbe stato maschile o a me come interprete. Fin dall’inizio era una donna e l’attrice era Margherita Buy. Mi interessava dare al suo personaggio quella spigolosità e nervosismo, quel senso di inadeguatezza che spesso ho affidato ai personaggi maschili dei miei film. Ho preferito una donna che qui non è, come nella tradizione, un personaggio accogliente, brava a tenere insieme tutte le cose, al contrario fa fatica.Il personaggio di Giovanni è invece la persona che vorrei essere.

A volte nel film finzione e realtà sembrano mescolarsi?
Abbiamo lavorato molto a questo intreccio di vari livelli di narrazione, c’è la realtà, poi i sogni, i ricordi e le fantasie. Il tempo del film è il tempo dello stato emotivo di Margherita in cui tutto convive nello stesso momento, ha la stessa urgenza: ci sono la preoccupazione per la madre, i problemi con la figlia, quelli sul lavoro, ma anche i suoi ricordi, i suoi sogni. Se poi lo spettatore si confonde, mi fa piacere.

Il film che Margherita sta facendo è molto diverso dal suo?
Nella conferenza stampa del film di Margherita si parla di un film politico, e lei fa riferimento a quella realtà. Io invece in Mia madre ho affrontato la realtà dal punto di vista delle emozioni, delle persone, dell’umanità. In quel momento Margherita si sente inadeguata rispetto alle aspettative che tutti hanno. Siamo due registi diversi Margherita e io. Il film che lei sta girando è molto differente dalla sua vita,lei vive una fase d’incertezze, è insicura su tutto, mentre il suo film è molto strutturato e solido.

Come ha scelto la musica in questo film?
Mi capita alle volte di decidere durante il montaggio di utilizzare solo musica di repertorio come avvenuto per Aprile e per un capitolo di Caro diario. Ho capito durante la post produzione che non volevo musica creata ad hoc. Mi riesce difficile spiegare la ragione di questa scelta, come di quella di una macchina da presa che s’avvicina in modo lento e impercettibile ai personaggi. Ho solo sentito che questo doveva essere lo stile di molte scene.

Come mai ha voluto nel cast John Turturro?
La prima volta che ci siamo incontrati è stato proprio a Cannes nel 1998: io portavo Aprile e lui Illuminata. Lo stimo e mi piace che l’attore Turturro sia anche regista. E poi mi rassicurava che John avesse un rapporto con l’Italia e la sua cultura e avesse lavorato con registi italiani,oltre ad aver diretto un bellissimo documentario sulla canzone napoletana, Passione.

Quale è per lei il compito del cinema?
Ora come il personaggio di Margherita io risponderò delle cose, ma nel frattempo sto pensando ad altro. Quelle che veramente penso gliele dico dopo al bar. Comunque la risposta è: fare buoni film possibilmente innovativi e non già visti tante volte. Non credo che per fare buoni film ci siano argomenti privilegiati, o temi di serie A. Qualsiasi argomento può portare a un brutto o a un bel film.

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