Un volo panoramico su un’inequivocabile e magnifica Napoli ammirata dal cielo e contestualmente cantata in un brano partenopeo, con le musiche originali di Pasquale Catalano: sequenza d’apertura, questa, in cui Giampaolo Morelli restituisce un curato linguaggio estetico e registico, proprio poi di tutto il film (che arriva sulle principali piattaforme dal 20 aprile).
7 ore per farti innamorare è l’opera prima dietro la macchina da presa per Morelli, che ha scritto, diretto e interpretato il film, completamente girato nel capoluogo campano, con Serena Rossi protagonista accanto a lui, insieme a Diana Del Bufalo, Massimiliano Gallo, Fabio Balsamo (The Jackal), Andrea Di Maria, Peppe Iodice, Antonia Truppo, e la partecipazione straordinaria di Vincenzo Salemme.
Giorgia (Del Bufalo) e Giulio (Morelli) sono una coppia nel periodo del corso pre-matrimoniale, lei indubbiamente verbosa e accentratrice, lui giornalista accondiscendete e “tontolone”. Eppure, un imprevisto di lavoro lo chiama a Milano, proprio quel pomeriggio, quello dell’imperdibile incontro con Don Carmine per il loro matrimonio.
Nella sceneggiatura, oltre all’innamoramento, c’è tutta la filosofia napoletana nel suo onirismo, come in una delle prime sequenze, in cui Giulio è nel traffico congestionato della città e il taxista, dinnanzi alla sua ansia di dover riuscire ad arrivare in tempo all’aeroporto, con candida serenità gli dice: “Dottò, sapete che tiene di bello il traffico? Che nel traffico puoi trovare la pace…” e spiega che quando la situazione si fa critica lui “se ne parte”, mostrandogli la cartolina di un luogo esotico, accendendo lì per lì un piccolo ventilatore da tavolo, appoggiato sul cruscotto come fosse “brezza marina”, e impugnando un cocktail già preparato all’uòpo, dettagli che fanno tanto Caraibi, miraggio paradisiaco rispetto alla destinazione meneghina, anche se il paradiso, a volte, è davvero più vicino del proprio immaginario…
Il personaggio di Giulio, come è stato costruito?
È una storia di pura fantasia, seppur arrivi da una cosa vera: le tecniche di rimorchio le ho studiate, sin prima di scrivere il romanzo. Tutto nasce dall’essere incappato per caso su Internet nella pubblicità di una persona che proponeva corsi di rimorchio. Ho fatto un’indagine e ho scoperto che esiste una rete internazionale di persone che si scambiano opinioni in materia, e così ho contattato i due/tre più accreditati italiani: si sono fatti microfonare e io, da lontano, con cuffie e telecamera, li riprendevo mentre andavano a fare approcci nelle librerie, nelle piazze, nei locali, per strada. Spesso funzionava, molte volte tornavano con il numero delle ragazze. Così mi interessavano queste tecniche e mi hanno colpito molto gli alunni: da una parte c’è chi vuole accumulare donne su donne, altri invece sono molto sensibili, molto educati, anche molto colti ma paralizzati dall’idea di approcciare, facendo magari perdere un’occasione a se stessi. Queste tecniche sono binari che li rendono più sicuri, da lì l’idea di coniugare le vere tecniche di rimorchio con una storia romantica.
Serena Rossi (Valeria), nella sua testa è sempre stata la naturale protagonista? E quali sono le caratteristiche per cui l’ha reputata perfetta per il ruolo?
Ho sempre pensato a lei sin dalla sceneggiatura. Perché so quanto sia seria sul set, è una bravissima attrice, sapevo si sarebbe impegnata tanto per portare a casa questo ruolo, che non l’avrebbe preso alla leggera, e non era un ruolo facile, per me ha fatto un lavoro egregio.
Il suo film, visivamente, contraddice piacevolmente il luogo comune per cui la Commedia dà più respiro all’ironia che all’estetica visiva, aspetto invece molto curato nella sua regia. Possiamo considerare sia una sua caratteristica autoriale, oppure solo una scelta utile a questo racconto?
Il film volevo raccontarlo così… Se dovessi raccontare una storia di altra natura, diversa, magari userei la macchina a mano, perché prima di tutto – per me – comanda la storia. Ho sempre visto Napoli con le potenzialità di New York: fanno i gangster movie nel Bronx e poi a Manhattan girano i film romantici, e Napoli è così, e così mi son detto: ‘ma perché non possiamo guardare la Napoli bella, che esiste ma non vedo al cinema, e che è perfetta per una commedia romantica?’, e ci tenevo la città venisse bene.
Il film, in questo momento di particolare gestione del cinema e della distribuzione, esce on demand: qual è la sua opinione su questo dibattito aperto – sala o piattaforma – e cosa si aspetta da questa modalità di visione?
Sa, non avrò un riscontro immediato, non saprò quanta gente andrà a vederlo, che passaparola ci sarà, come verrà percepito, sono molto emozionato. Comunque, ho aderito nell’istante stesso in cui Lucisano e Vision mi hanno proposto questa uscita. È chiaro che un po’ di spaesamento l’abbia avuto, ho fatto questo film per la sala, per uscire il 26 marzo, e mentre giravo tutto potevo immaginare meno che la pandemia mondiale. Una commedia romantica, soprattutto, ha bisogno della sala, della reazione del pubblico, della risata contagiosa che crea un umore che le persone lì sedute sentono e respirano, ma dopo lo spaesamento mi son detto che il periodo è difficile e che magari il film può essere un modo per dare una parvenza di normalità alle persone, un’ora e mezza di spensieratezza. Come dire: andiamoci a guardare un film nuovo, ma… in salotto! Il fatto che però si possa andare su una piattaforma, e lo si possa comprare, solo il film stesso, mi dà l’idea che si stia andando al cinema. Un’altra riflessione che ho fatto è stata quella del tempo: il film doveva uscire a fine marzo, ma quando riapriranno le sale? E quando le persone avranno voglia di rientrarci? Posso tenere nel cassetto il film ad invecchiare? I film hanno un loro tempo, se doveva uscire adesso, deve uscire adesso. In questo momento, anche a me, fa paura l’idea di entrare in una sala in cui non hai il controllo di chi entra, quindi ho aderito alla proposta. Anche se i film sono da vedere in sala, secondo me: io ho fatto la mia scelta, dettata dal momento, che non so dire se consiglierei ad un collega regista, perché è davvero troppo personale.
Un aneddoto del film? Qualcosa che fa parte della storia della lavorazione e che per lei rimarrà un ricordo indimenticabile.
Sicuramente la fatica! Con tante emozioni che mi sono rimaste dentro, come la determinazione, spesso sotto al sole, come nella scena della pallavolo, in cui m’ero tagliato perché c’erano dei cocci per terra, o le scene in acqua, in cui gli attori mi hanno pregato di fermarmi, quando io non mi sarei mai fermato perché avevo poco tempo, ma non ce la facevano più, per il caldo, per la testa che girava. Non c’è un unico episodio, è stato come un vortice, ma la cosa che mi resta di più è la generosità degli attori, che tutti quelli che avevo scelto abbiano accettato, si siano dati così tanto per la storia, qualcosa che non era affatto scontato. Se non avessi avuto la loro completa dedizione, il film non l’avrei portato a casa.
Il finale: Valeria cambia ‘alunni’ per le sue lezioni, questo lascia aperta la possibilità ad un secondo capitolo cinematografico della storia?
Questa cosa mi è stata fatta notare dalla distribuzione, alla visione del film, io non c’avevo pensato. Però, al momento, il film è questo, non ho pensato ad un capitolo 2: so che desidererò raccontare storie in futuro, ma ho prima bisogno di sapere questo come viene preso, infatti spero che le persone mi scrivano su Instagram, mi dicano il proprio parare.
7 ore per farti innamorare esce on demand da lunedì 20 aprile sulle piattaforme SkyPrimaFila Premiere, Chili, Infinity, Rakuten Tv e TIMVISION, prodotto da Italian International Film di Fulvio e Federica Lucisano con Vision Distribution.
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