Qualche rimpianto, ma molte soddisfazioni per Giuliano Montaldo, da 62 anni nel cinema. “Ho fatto di tutto: l’attore, l’aiuto regista, lo sceneggiatore, il ‘negro’, il produttore e alla fine anche il controcampo totale, nei quattro anni e mezzo che sono stato presidente di Rai Cinema, i più difficili perché è difficile stare dall’altra parte della scrivania e dire di no ai colleghi registi”. Una carriera raccontata con garbo, senza mai dimenticare l’uomo con la sua energia e il suo stile inimitabile, simpatico e sincero. Marco Spagnoli, dopo Diversamente giovane, torna al Festival di Roma con Quattro volte vent’anni, prodotto da Carlo Macchitella e Alessandro Passadore. 40 ore di girato montate da Jacopo Reale, commentate dalle musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, tra cui la canzone dei titoli di coda Gente di Liguria, dedicata alla Genova dove Montaldo nacque e da cui prese le mosse. “Carlo Lizzani mi vide recitare a teatro, con la compagnia del Teatro di Massa nel 1950 e mi chiese di far parte del suo primo film, Achtung, banditi! Non so con che coraggio… Era un film in gran parte fatto da debuttanti, prodotto da una cooperativa di operai e portuali. Io facevo il commissario partigiano, ma c’erano anche Gina Lollobrigida, il Lamberto Maggiorani di Ladri di biciclette, Andrea Checchi“.
Il documentario lascia spazio alle chiacchierate tra amici a ruota libera. Lizzani, ma anche Ennio Morricone, Francesco Bruni, Andrea Purgatori, Felice Laudadio, Marco Pontecorvo… è un bel pezzo di storia del cinema italiano. “Se fosse una foto scolastica io sarei in fondo, di lato, mentre in prima fila ci sarebbero Fellini, Scola, Monicelli, Sergio Leone”, dice Giuliano col consueto understatement. Ma chi non ricorda titoli come Sacco e Vanzetti, L’Agnese va a morire (dove la protagonista doveva essere Simone Signoret che stava male, al suo posto Ingrid Thulin volle a tutti i costi esserci), Giordano Bruno, il monumentale Marco Polo televisiva. Davanti alla telecamera di Spagnoli si moltiplicano gli aneddoti: il rapporto con Sergio Leone, che fu anche produttore di un suo film, Il giocattolo. Le schermaglie con Fellini. La fortuna di riuscire a inviare a Joan Baez il copione di Sacco e Vanzetti tramite Furio Colombo e avere da lei la splendida ballata del film, “che ho sentito cantare persino a Berlino dagli studenti in corteo”.
Giuliano racconta di quando abitava con Gillo Pontecorvo, Giraldi, Solinas, Callisto Cosulich. Avevamo una sola macchina, quella di Gillo dove c’era anche una racchetta da tennis e un fucile subacqueo”. Parla del primo incontro con Vera Pescarolo, che sarebbe diventata compagna di vita e di lavoro insostituibile. La incontrò nello studio del fratello Leo e chiese subito di averla sul set. Un rapporto fatto di stima, litigate e molte risate. Francesco Bruni gli chiede come mai non abbia fatto una commedia, ma solo drammi. “La commedia la fanno gli attori e lavorando con Nino Manfredi ho capito che gli attori comici hanno i loro tempi, che bisogna mettersi nelle loro mani. Io ho sempre fatto film dove si ride poco”.
Il cinema italiano del presente non naviga in buone acque. “Ci vuole umiltà. Io ho sempre saputo che sarei rimasto un precario totale. Quando la critica, di destra e di sinistra, mi ha ucciso per l’opera prima Tiro al piccione, dove si raccontava l’avventura di un fascista nella Repubblica Sociale, non smisi di fare cinema solo perché Vera mi tirò su il morale. Ci vogliono nervi saldi, ottimismo. Quando proposi Sacco e Vanzetti, un produttore mi chiese se era una ditta di import export. Del resto io stesso fatico a fare un film oggi”. La soluzione alla crisi? “Vedere i film al cinema, non rubarli in dvd pirata”.
Spunti di attualità. Non esita a prendersela con rottamatori. “Chiediamoci cosa viene dopo. Se andiamo su un balcone a dire che tutto va male, ci voteranno in tanti, ma poi quali altre tasse ci inventeremo una volta al governo? Come i padri della Repubblica nel ’45 bisogna rimboccarsi tutti le maniche. Allora le bombe buttavano giù le case dei ricchi come e dei poveri, le chiese come i teatri e bisognava ricostruire tutto”.
Nemico giurato dell’intolleranza. “L’ho raccontata con Sacco e Vanzetti, Giordano Bruno, Gott mit uns… penso che sia una cosa orrenda. Speravo in un mondo migliore, ma oggi vedo ancora intolleranza verso gli immigrati”.
Alla voce rimpianti ci sono solo i film non fatti. “I più belli, quelli che ho potuto montarei come mi pare”. Il progetto su Salvador Allende, soprattutto, spezzato dall’impeto distruttivo della Storia. “Il presidente cileno aveva visto Sacco e Vanzetti e mi chiese di dirigere una pellicola sull’esperimento cileno, come lo chiamava lui, con una lettera del marzo 1973. Cominciammo a scrivere immaginando nella finzione che venisse ucciso dai fascisti e in effetti morì suicida l’11 settembre dello stesso anno durante l’assalto dei golpisti alla Moneda”. Un altro progetto riguardava l’incendio del Reichstag. “Come Nerone, Hitler aveva organizzato tutto dando la colpa a un ragazzino olandese disturbato che era stato spinto là dentro con in tasca una tessera del Partito comunista e che poi, poveraccio, venne decapitato. Molti hanno imparato da quella strategia per distruggere le opposizioni. E di tanti misteri italiani, da Portella della Ginestra in avanti, ancora non si sa davvero chi fossero i mandanti”.
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E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk