CANNES – Una filosofa. Un falegname. La terza età, sullo sfondo. L’amore, in primissimo piano.
Gli opposti si attraggono, ma può durare? È un po’ questa la questione portante di Simple comme Sylvain (The Nature of Love), terzo film di Monia Chokri – dopo My Brother’s Wife (2019) e Babysitter (2022) – presentato nella sezione Un certain regard.
È una commedia, drammatica e romantica, in cui Sophia (Magalie Lépine-Blondeau), 40 anni, è docente di filosofia all’Università della Terza Età di Montreal, dove da dieci anni vive con Xavier (François Létourneau), anche lui docente, di Scienze Politiche: l’agio, la stabilità e una passione istintiva dormiente, che fa coppia con la costante emicrania di lei. Però, il rovescio della medaglia – se così si può dire – è una ricca e felice vita sociale con suoceri e amici.
Il falegname, invece, è Sylvain (Pierre-Yves Cardinal) ed è chiamato a ristrutturare la loro casa di campagna.
Un incontro formale, sulla carta, perché quando Sophia incontra Sylvain per la prima volta è colpo di fulmine.
Lei sceglie di lasciare una comoda relazione per vivere un appassionato idillio, una passione dell’anima che porta in primo piano gli antipodi del vivere.
Insomma, Monia Chokri, anche in scena (nel ruolo di Françoise), sceglie la narrativa della storia d’amore alla base, ma nell’essenza racconta uno sconvolgimento soprattutto dell’anima, che però, sull’onda del sentimento e dell’istinto, fa porre la capitale questione alle fondamenta di un rapporto tra persone, ovvero se e quanto il contatto di punti comuni sia davvero necessario alla sopravvivenza del sentimento e quindi della coppia: “l’amore è cieco”, recita il detto, “importa la sincerità del sentimento”, recita la nobiltà d’animo, ma la Chokri osa solleticare il romanticismo e l’etica, nel nome della sostanza e del vivere quotidiano.
Certo, Sophia, all’alba dell’inverno – stagione della Natura, e naturalmente simbolo nel racconto – lascia tutto per vivere una passione ardente, come il fuoco, che sì “scalda”, ma può anche scottare.
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