Moccia: scusate ma non sono l’anti-Muccino


Ci sono i mucciniani, i mocciani e i mocciosi. Secondo le malelingue, sempre pronte alla facile battuta, il pubblico di Federico Moccia è composto solo da questi ultimi.
Sullo scrittore di Tre metri sopra il cielo, ora anche regista delle pellicole ispirate ai suoi romanzi, se ne dicono di tutti i colori. Le critiche vanno dall’aspetto prettamente letterario, considerato superficiale e colpevole di fornire una lettura banale e falsata della gioventù di oggi, al gossip più puro, che vorrebbe l’autore circondato da una serie di ‘ghost writer’ che scrivono al suo posto, salvo poi lasciare a lui, prestanome d’eccellenza, la firma di quanto pubblicato.

La stessa voce, naturalmente, circola anche per i film da lui diretti: Scusa ma ti voglio sposare, che sarà in sala dal 12 febbraio, sarebbe stato in realtà realizzato da onesti e sconosciuti mestieranti, come i precedenti Amore 14 e Scusa ma ti chiamo amore (Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di te erano invece stati dichiaratamente affidati, rispettivamente, a Luca Lucini e Luis Prieto).
Un paio di gaffes in conferenza stampa sui nomi degli attori non aiutano certo Moccia a dimostrare il contrario, specie quando confonde il nome di un interprete con quello del suo agente. Ma il 46enne regista che “parla il linguaggio dei giovani” si difende bene: “Mi dispiace sapere che ci sono alcuni giornali che si rifiutano di recensire i miei film per politica editoriale. Ma che devo dire? Amo la mia libertà d’opinione e quindi devo rispettare anche quella degli altri. Molti, però, sono pregiudizi – continua Moccia – sapeste in quanti vengono trascinati controvoglia a vedere le mie pellicole dalle fidanzate, e poi magari si ritrovano a sbellicarsi dal ridere sulle ‘mie’ battute. E quante volte sui profili Internet delle persone leggo ‘odio leggere: Moccia e Dostojevski’. Da tanta ignoranza non posso che sentirmi onorato. Sono sempre aperto ai giudizi negativi, se costruttivi, però i critici dovrebbero passarsi una mano sulla coscienza, e quantomeno domandarsi perché una cosa che piace a un sacco di persone a loro non è piaciuta”.

Come dargli torto, visto quanto vendono i suoi libri e quanto incassano i suoi film? Tra le molte tendenze da lui lanciate, c’è quella del “cinebacio”, altrimenti conosciuto come “film di San Valentino”.
Scusa ma ti voglio sposare, sequel – c’era bisogno di specificarlo? – di Scusa ma ti chiamo amore, è un più che degno rappresentante del filone: seguendo gli abusati canoni di molte altre commedie giovanilistiche degli anni presenti e passati, vede proseguire la storia d’amore tra il quarantenne Alex (un Raoul Bova che con il genere sembra trovarsi particolarmente a suo agio) e la ventenne Niki (la sempre più graziosa Michela Quattrociocche), che alla richiesta di matrimonio del suo amato cade preda di dubbi e incertezze, oltre che delle avances di un affascinante giovanotto (Andrea Montovoli).
Attorno a loro, il colorato universo di amici e parenti, che vivono amori più o meno contrastati. Il film è più corale del precedente e anche più ironico.

“Rispetto a Muccino faccio semplicemente cose diverse – risponde l’autore a chi lo incalza sul confronto – lui racconta il lato sofferto e drammatico dell’amore, io quello più sognante. Però trovo sano che una ragazza abbia paura prima di sposarsi. Significa consapevolezza, non ci si può unire in matrimonio solo per convenzione o perché a un certo punto di una storia tutti se lo aspettano”.
Il concetto si esprime nel film attraverso il personaggio del prete che tiene il corso prematrimoniale, interpretato da Arcangelo Iannace, tanto severo quanto divertente nel suo scoraggiare chi non è davvero convinto a compiere il fatidico passo.
E forse non è un caso che il film interessi anche il Vaticano: martedì sarà proiettato alla presenza del regista e degli attori alla Pontificia università lateranense e discusso con studenti e sacerdoti.

Alla domanda su quanto contino le differenze di età in amore rispondono i due protagonisti Raoul Bova e Michela Quattrociocche, entrambi, più o meno, nello stesso modo: “Dipende dalle situazioni. Ci sono quarantenni che dimostrano molto meno e ventenni più maturi della loro reale età”.
A Bova chiedono anche come deve essere la sua fan ideale: “È quella che ti segue, che sa tutto di te e conosce il tuo percorso e la fatica che hai fatto per diventare sempre più bravo. Da ragazzo chiesi un autografo a un cantante famoso e lui me lo rifiutò. Ci rimasi malissimo, per questo ora cerco di dare il possibile e anche l’impossibile ai miei ammiratori. Una foto a me non costa nulla, ma per loro è importantissima”.
Bocca cucita, invece, sulla prossima partecipazione a Sanremo, data per certa da molti. “Non è detto che ci vada, e comunque non mi prendo la responsabilità di rispondere”, dice Bova, ma intanto è la trattativa in corso.

 

Nel cast del film, distribuito da Medusa in 560 sale, ci sono anche, tra gli altri, Pino Quartullo, Cecilia Dazzi e Francesca Antonelli.

autore
11 Febbraio 2010

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