‘Missing’: la consacrazione dello ‘Screen Movie’ in sala con Warner

Il film, stand alone sequel di Searching, è diretto da Will Merrick e Nick Johnson


Partiamo da un nome: Timur Bekmambetov.

Regista e produttore kazako,naturalizzato russo, è senza dubbio considerato il nume tutelare e vate del relativamente recente genere ‘Screen Movie’, che vede Unfriended e Profile tra i titoli di punta.

Cos’è, esattamente, uno ‘Screen Movie’? Qui viene l’aspetto interessante, perché non si tratta, genericamente, come si potrebbe pensare, di un film girato con il cellulare. E’ qualcosa di ben più complesso, stratificato e sofisticato, che unisce degli innegabili vantaggi produttivi alla potenza narrativa delle nuove tecnologie.

Uno Screen Movie è, letteralmente, raccontato tramite uno schermo, che sia di uno smartphone, di un tv o di un PC, e non si tratta, dunque, di classiche inquadrature, ma di vere e proprie ‘caption’ di quello che avviene su schermo, dalle chat, ai filmati, alla navigazione in rete, alle videochiamate.

La resa estetica è dunque unica nel suo genere, ma il racconto – che ben si presta al thriller – offre moltissime possibilità.

Uno di questi film, Searching del 2018, prodotto da Bekmambetov, è stato presentato in anteprima al Sundance nella sezione NEXT, e ha ottenuto un enorme successo commerciale, incassando 75 milioni di dollari a livello globale, a fronte di un budget di appena 880.000 dollari.

Il film parlava di un uomo la cui figlia sedicenne scompariva nel nulla e, dato che le indagini della polizia arrancavano, si metteva a seguire le tracce digitali lasciate della ragazza per ritrovarla.

Questo Missing, in uscita con Warner il 9 marzo, diretto da Will Merrick e Nick Johnson, rappresenta un seguito di Searching, anche se i legami tra i due sono labili, non a caso viene definito ‘stand alone sequel’, vale a dire, perfettamente fruibile anche senza aver visto l’originale. Un avvincente e misterioso thriller ricco di colpi di scena che fa riflettere su quanto bene conosciamo le persone a noi più vicine.

Durante una vacanza in Colombia una donna (Nia Long) scompare insieme al suo nuovo fidanzato. Sua figlia June (Storm Reid) – interessante in questo caso il ‘rovesciamento’ rispetto al precedente capitolo, con una figlia alla ricerca di un genitore – inizia a cercarla ma viene ostacolata dalla burocrazia internazionale. Bloccata a migliaia di chilometri di distanza a Los Angeles, June utilizza in modo creativo tutte le ultime tecnologie a sua disposizione per cercare di ritrovarla prima che sia troppo tardi. Ma l’investigazione porta più a porsi nuove domande che a delle certe risposte.

I due registi, che del primo film avevano curato il montaggio, dicono a ‘The Gate’: “allora, quando ci siamo seduti a lavorare, non c’era nulla, non c’era footage, c’era solo da prendere degli screenshot e andare avanti. Sappiamo cosa debbono aver provato i nostri montatori, ma comunque, non usiamo storyboard, vito come è realizzato il film. Non ci siamo divisi i ruoli, abbiamo sempre lavorato a parità di responsabilità, sia a livello di montaggio che di scrittura. Sviluppiamo tutto insieme, poi lo portiamo in scena e, se necessario, aggiustiamo e riscriviamo”.

Quanto a una definizione esatta del film, i due dichiarano: “pensiamo che sia al contempo un detective mystery, come un thriller, ma sia questo che Searching hanno un tono particolare, tutto loro, e non sapremmo indicare altri film con il medesimo tono. Forse è un family thriller, è come se stessimo cercando un nuovo genere, una nuova tipologia di dramma. Pensiamo a come si è sviluppato The Blair Witch Project e a cosa è riuscito a portare al cinema”.

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