All’Italian Pavilion presso l’Hotel Majestic, al Festival di Cannes, è stata presentata la proposta per la realizzazione del documentario intitolato Cutro, Calabria, Italia, diretto da Mimmo Calopresti, che affronta il tema dell’importanza di documentare gli arrivi e l’accoglienza.
All’incontro, moderato da Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici (SNGCI), hanno partecipato il commissario straordinario della Fondazione Calabria Film Commission, Anton Giulio Grande, e il regista, calabrese lui stesso, Mimmo Calopresti.
Le riprese di questo film-documentario, sostenuto dalla Fondazione Calabria Film Commission nell’ambito del progetto Calabria Straordinaria, incentrato sull’accoglienza in relazione alla tragedia di Cutro avvenuta il 26 febbraio 2023, avranno inizio in Calabria all’inizio di giugno.
Il commissario Grande, nel presentare il progetto, ha sottolineato che le attività di promozione sono uno degli elementi strategici del programma della Film Commission.
L’evento di Cutro dello scorso febbraio ha commosso il mondo, ha affermato, e con il lavoro di Calopresti, un regista di fama internazionale, saranno affrontati i temi dell’accoglienza e degli arrivi, riflettendo sull’impegno generoso del popolo di Cutro e delle istituzioni avvenuto il 26 febbraio scorso.
Calopresti, rinomato documentarista, intende narrare non solo i fatti, ma anche le azioni positive compiute dalla popolazione di Cutro e dalle istituzioni, stabilendo un legame profondo con gli episodi del cinema italiano ambientati nelle terre calabresi, in particolare a Cutro dove Pasolini ha girato nel 1964 il film Il Vangelo secondo Matteo.
Il regista Mimmo Calopresti ha concluso dicendo: “Ricordare e non dimenticare, solo così possiamo dare un significato a una tragedia come quella accaduta a Cutro. Ricordare coloro che non ci sono più, raccontare le storie di chi si trovava su quel barcone che si è infranto sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Raccontare tutte quelle persone che si sono impegnate per aiutare i sopravvissuti, che si sono mobilitate per giorni per ricostruire e recuperare i frammenti di vita che arrivavano da quel mare che ha urlato per giorni e notti. Dare un senso a ciò che è successo facendo l’unica cosa che so fare: raccontare”.
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