Michele Riondino in “Senza lasciare traccia”

L'attore è protagonista dell'opera prima di Gianclaudio Cappai che narra la vicenda di un giovane uomo vittima di un abuso durante l'infanzia


Il trauma di un abuso subito da bambino, che il protagonista (Michele Riondino) si ritrova ad affrontare da adulto, in un percorso fra rabbia repressa, voglia di vendetta e bisogno di guarigione scandisce Senza lasciare traccia, l’opera prima di Gianclaudio Cappai, con Valentina Cervi, Elena Radonicich e Vitaliano Trevisan, di cui sono iniziate da poco le riprese a Roma, per proseguire poi nelle province di Piacenza e Lodi. Michele Riondino dà volto a Bruno, insegnante reduce da un’operazione per un tumore, che accompagna la moglie Elena (Valentina Cervi), restauratrice, nella cittadina dove ha avuto l’incarico di lavorare su un quadro del ‘500. La donna non sa però che proprio là, il marito, da bambino, in una vecchia fornace, ha subìto un abuso. Per Bruno non c’è altra scelta che affrontare il suo passato e quelli che reputa i colpevoli di ciò che gli è successo.

”Nel mio personaggio c’è la maturazione di una vendetta, un lento mettersi alla prova, un passaggio da vittima a carnefice, superando ogni volta un limite”, spiega Riondino all’Ansa. Nel rapporto con la moglie Elena, aggiunge ”è lei la parte forte della coppia”, mentre l’altra donna della storia, Vera (Elena Radonicich), legata al passato di Bruno, ”è piena di vita, ma oppressa dalle costrizioni in cui è cresciuta”. I personaggi ”sono tutti prigionieri di un male, subito o commesso, che ha segnato per sempre la loro vita, per quanto abbiano cercato di dominarlo, di nasconderlo o di negarlo”, spiega il regista, già autore del corto Purché lo senta sepolto, vincitore del Torino Film Festival e candidato ai Nastri d’Argento 2007, e del mediometraggio So che c’è un uomo, presentato alla 66/a Mostra di Venezia e in altri festival internazionali.

Secondo Valentina Cervi, il rapporto di coppia con Bruno ”è minato da molti non detto. Elena, vista la malattia del marito ha dovuto prendere in mano la loro situazione emotiva e pratica, ma ha anche lei un universo che si scopre all’interno della storia”. E sottolinea: ”Non è un film sociologico, la prospettiva sui fatti è personale, intima, i personaggi non vengono giudicati”. Senza lasciare traccia, per cui si pensa al debutto in un festival internazionale, è prodotto dall’indipendente Hirafilm, per un budget di 578mila euro, si avvale del tax credit, ha il sostegno della Lombardia Film Commission, e un pre-accordo di distribuzione con la Movimento Film. 

Intanto Michele Riondino ha appena terminato le riprese de Il giovane favoloso, il film su Leopardi di Mario Martone, dove interpreta il grande amico del poeta, Antonio Ranieri, e presto sarà in Maraviglioso Boccaccio, rilettura diretta dai Fratelli Taviani del Decamerone, oltre che nella miniserie di Ricky Tognazzi per Raiuno su Pietro Mennea, mentre si stanno adattando i racconti di Andrea Camilleri per una seconda serie de Il giovane Montalbano. L’attore spiega come ha lavorato con Martone: ”Mario ha realizzato un film ultramoderno, un lavoro viscerale, su un personaggio come Leopardi (nei cui panni c’è Elio Germano) che fa paura, in quanto a complessità, solo a nominarlo”. Ai primi d’aprile invece inizierà a lavorare con i Taviani e un supercast che comprende, fra gli altri, Lello Arena, Paola Cortellesi, Kim Rossi Stuart, Carolina Crescentini, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Vittoria Puccini, Flavio Parenti, Jasmine Trinca. L’unico dettaglio che può anticipare è che sarà ”interprete di una delle novelle. Si affronta un grande classico ma lo sguardo è originale. Nella sceneggiatura ho trovato quella stessa giovinezza che traspariva anche da Cesare deve morire”.

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17 Marzo 2014

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