Lo sguardo di Michelangelo su Michelangelo, tra il fruscio di una giacca e un respiro misterioso. Antonioni, allora 91enne, divenne attore nei quindici intensi minuti del documentario sul Mosè Lo sguardo di Michelangelo, che ora viene riproposto – a dieci anni dalla scomparsa del maestro – in versione restaurata, proprio nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli.
Nell’ambito del restauro di tutti le pellicole di Antonioni, Istituto Luce Cinecittà e Il Gioco del Lotto presentano la digitalizzazione de Lo sguardo di Michelangelo, il documentario del 2004 dedicato alla Tomba di Papa Giulio II, di Michelangelo Buonarroti, di cui il Mosè è l’elemento più prezioso. Per iniziativa della Soprintendenza Speciale di Roma, da venerdì 6 fino a giovedì 12 ottobre negli orari di visita della Basilica (8:30-12:20/15:00-19:00), il cortometraggio così restaurato sarà visibile gratuitamente per la prima volta proprio nel luogo per cui il monumento è stato creato e dove il documentario è stato girato.
Presentato a Cannes nel 2004 – e definito da alcuni critici come la cosa più bella di quell’edizione del Festival – Lo sguardo di Michelangelo restituisce una estrema summa del cinema di Antonioni, il suo gesto artistico insieme solenne e seducente, una riflessione sull’atto di vedere. Il film è stato oggetto di un’accurata riconversione in digitale realizzata dai negativi originali di scena e di suono. Le immagini sono state scansionate ad altissima risoluzione, stabilizzate e pulite digitalmente eliminando i segni del tempo: spuntinature, righe e segni visibili di giunte. Un ulteriore intervento ha restituito la lucentezza e la ricchezza alla fotografia. È stata effettuata una pulizia digitale del suono, che ha portato alla riduzione dei rumori di fondo causati dall’usura del tempo, mantenendo però la dinamica e le particolarità della colonna sonora. La digitalizzazione è stata eseguita nel 2017.
Il film, girato nel 2003, è una delle ultime cose realizzate dal maestro ferrarese (che sarebbe morto quattro anni dopo) insieme all’episodio Il filo pericoloso delle cose inserito nel trittico Eros girato con Soderbergh e Wong Kar-wai. Richiese due anni di impegno ad Enrica e Carlo Di Carlo, e fu prodotto col contributo di Lottomatica e dell’Istituto Luce. Il progetto era partito proprio dal restauro della sepoltura di Giulio II in San Pietro in Vincoli, sponsorizzato dal Gioco del Lotto. Il titolo gioca ovviamente sull’omonimia del regista ferrarese con l’artista rinascimentale. La pellicola è un lungo dialogo di sguardi: dagli occhi chiusi della statua del Papa, Antonioni arriva a quelli severi e salvifici di Mosè e delle altre figure che compongono il monumento funebre di Giulio II della Rovere. In un silenzio meditativo Antonioni osserva e scruta il capolavoro del Buonarroti, accompagna lo spettatore dentro una percezione più profonda e feconda di quest’opera che sembra suggerire la piccolezza dell’uomo – persino quando l’uomo è un grande artista – di fronte all’immensità della creazione. Solo nella chiusura del cortometraggio, che dura 17 minuti, la musica entra in scena mentre Michelangelo Antonioni lascia la chiesa risuona la voce del Magnificat di Giovanni Pierluigi da Palestrina.
L’iniziativa si inserisce nel quadro di lavori di restauro e valorizzazione svolti in varie fasi dalla Soprintendenza con il Gioco del Lotto: a partire dal 1999, con un primo grande restauro terminato nel 2001; infine, nell’autunno 2016, un ulteriore intervento di manutenzione che si è concluso a gennaio di quest’anno con un progetto di nuova illuminazione della Tomba, a cura di Antonio Forcellino e Mario Nanni, per restituire le condizioni in cui Michelangelo progettò l’intero monumento e finì le sue statue. Le varie fasi sono state affiancate da un’importante campagna di comunicazione, che ha visto la realizzazione de Lo sguardo di Michelangelo, la pubblicazione di vari volumi, la creazione di opere da parte di artisti come Michael Nyman e Helmut Newton.
La Tomba di Giulio II è l’ultima grande opera realizzata da Michelangelo, e la più travagliata nella sua vita. Dai primi progetti, del 1505, anno di elezione di Giuliano della Rovere sul soglio di Pietro, passarono 40 anni prima della sua realizzazione nel 1545. In questo monumento Michelangelo usa con perizia e disinvoltura modalità espressive diverse: dalla dimensione architettonica della cornice, con la sua falsa prospettiva, a quella scultorea, con differenti gradi di finitura delle statue, funzionali a generare più potenti effetti di chiaroscuro e tridimensionalità. La forza della statua di Mosè, con la sua torsione verso la navata di sinistra, in particolare verso una finestra che ne illuminava il volto, ha da sempre colpito l’interesse degli storici dell’arte e la fantasia dei visitatori. Statue come quella di Giulio II, un papa rappresentato in un atteggiamento melanconico, e quelle di grande spessore simbolico e spirituale della Vita Attiva e della Vita Contemplativa, sono altrettanti capolavori della tarda arte di Michelangelo.
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