Michael Keaton: “Un film che va al di là della fede”

L’attore americano, protagonista de Il caso Spotlight, candidato a 6 Oscar, insieme al giornalista Walter “Robby” Robinson racconta il film che affronta il tema scottante della pedofilia nella Chiesa


Più di 30 anni fa, a Boston, iniziano a serpeggiare le prime indiscrezioni su un drammatico coinvolgimento della Chiesa in casi di pedofilia: ma è il 2001 quando “un gruppo di quattro investigatori”, quattro cronisti del Boston Globe, guidati da Walter “Robby” Robinson (interpretato da Michael Keaton), membri del reparto d’inchiesta della testata, “Spotlight” appunto, iniziano ad approfondire seriamente la questione che ha visto accumularsi numeri impressionanti: soli… 20.000 dollari di risarcimento per aver molestato un bambino –“questa è la Chiesa”, spiega l’avvocato che ha seguito il caso – e 690 preti colpevoli – nella sola Boston il 6% dei prelati (1.500 in totale, 90 coinvolti); l’indagine degli Spotlight ha raccontato lo scandalo con 600 articoli, l’inchiesta è stata insignita, l’anno successivo, del Premio Pulizer e adesso è anche un film, Il caso Spotlight, diretto da Tom McCarthy, candidato a 6 premi Oscar, in uscita il 18 febbraio. 

Keaton, a Roma per presentare il film insieme a Walter Robinson, a cui rinnova nel corso dell’incontro la gratitudine per l’eroismo, entra subito nel vivo: “Sono stato interprete, per tre volte nella mia carriera, di un giornalista: quest’ultima è stata una benedizione, personalmente nutro un interesse profondo per il giornalismo, seguo le testate, seguo l’approfondimento televisivo, seguo le notizie su internet con una frequenza inferiore a quella che vorrei, così quando mi è stato proposto questo copione l’ho trovato interessante e ben scritto, con un ottimo cast, in cui Mark Ruffalo è stato il primo a essere scelto, prima di me: amo il cinema di McCarthy, sono interessato al giornalismo, come ho detto, che abbinato al soggetto dei casi di abuso da parte dei sacerdoti su minori, mi ha particolarmente persuaso, così ho accettato la parte”.

Ed è proprio il giornalista del Globe, Robinson, a spiegare più nel concreto che: “Il giornalismo d’inchiesta negli USA è come un ausilio palliativo per un malato terminale; l’avvento di nuovi network e la diffusione del web ha privato giornali e quotidiani dei fondi necessari per svolgere le inchieste, e tanti posti di lavoro sono andati perduti. I direttori dei giornali, negli USA, sono dei pazzi, perché il motivo per cui i lettori continuano a leggere un quotidiano è proprio il giornalismo d’inchiesta, eppure chi dirige è pronto a tagliare i fondi. Per chi legge, invece, la domanda sussiste perché sente la necessità che qualcuno spinga le istituzioni ad assumersi le proprie responsabilità, come nel caso della Chiesa cattolica. Se non siamo noi a fare queste indagini, la democrazia muore e la gente non avrà più l’opportunità di informarsi”.

Michael Keaton rafforza l’intensità della voce di Robinson, spiegando come abbia costruito il personaggio, sulla base dell’essere umano, del cronista, reale: “Ho trascorso moltissimo tempo con lui, con “Robby”, a parlare di tantissime cose, non soltanto dell’inchiesta, ma anche della vita in generale, di altri casi che ha seguito nella sua carriera e, siccome io sono uno curioso di natura, ho assorbito letteralmente quello che mi ha raccontato, facendogli domande sulla sua famiglia, sulla sua vita personale, su come gioca a golf; supportato dall’essere anche un appassionato di giornalismo, ho cercato di cogliere l’essenza della persona, aggiungendo quello che mi appartiene, inclusa quella certa familiarità che ho con le redazioni dei giornali”.

Robinson restituisce a Keaton la cortesia, spiegando cosa abbia significato per lui essere interpretato dall’attore: “Sono stato onorato di essere incarnato da qualcuno che considero tra i più grandi interpreti al mondo, Michael Keaton; quando ho scoperto che sarebbe stato lui a impersonarmi sono letteralmente andato in estasi, perché nel 1984 io ero caporedattore di cronaca locale e allora lui interpretava lo stesso ruolo in Cronisti d’assalto di Ron Howard, e io l’avevo trovato perfetto in ogni minimo dettaglio del mestiere, così quando ho saputo che avrebbe interpretato me non potevo sperare di meglio. Michael ha colto ogni minima opportunità per riuscire a imparare qualcosa di me, in tutte le sfumature, dal tono della voce al mio modo di muovermi, così che la mia immagine nel film risultasse al massimo del realismo, cosa che vale per tutti gli altri interpreti dei miei colleghi del team Spotlight”.

Entrambi chiosano sulla Chiesa di oggi, con riferimento anche a Papa Francesco. Keaton dice di essere: “convinto che il film avrà un impatto in Italia, come in tutti gli altri Paesi; non riesco ad immaginare che un film del genere non lo abbia; durante una proiezione sono stato avvicinato da un uomo adulto, che mi ha ringraziato: era uno dei sopravvissuti, che non aveva mai confessato a nessuno di aver subìto anche lui molestie. Credo che il film non porti a puntare il dito contro la religione, è un film che va al di là della fede, anche se mi rattrista che a causa di queste violenze e molestie ci sia gente che l’ha perduta. La situazione che viene raccontata non riguarda soltanto Boston, ma tanti altri Paesi nel mondo: questo Papa attuale mi piace molto, trovo stia facendo un lavoro immenso, spingendo un enorme masso per portarlo in cima alla collina, ma ci sono delle tematiche ancora da affrontare, come l’esercizio illecito dell’abuso di potere; io sono semplicemente un attore, che ha avuto la fortuna di interpretare questo ruolo, sono i giornalisti i veri eroi, con il loro operato”.  

Robinson prosegue: “nutro molte speranze in Papa Francesco, rispetto quello che sta cercando di fare. Una delle primissime cose che ha cercato di fare appena eletto è stato privare vescovi e cardinali delle limousine, cercando di far prestare attenzione a quelli che sono i bisogni dei fedeli. La Chiesa è diventata sempre più una società che esiste per il beneficio del clero e non per le persone: il Papa sa benissimo che questa è la situazione e sta cercando di modificarla, e questo ci auguriamo possa portare a una diminuzione considerevole del numero di abusi sessuali ai danni dei bambini. Nonostante tutti i passi che sta compiendo Papa Francesco, per il momento non ha ancora compiuto un atto decisivo e sostanziale per modificare la situazione”. 

Leggi anche: “Mark Ruffalo: “Spero che il Papa raddrizzi i torti dei preti pedofili”


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25 Gennaio 2016

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