Michael Douglas a Cannes, in difesa degli sceneggiatori e del nucleare

Il grande attore e produttore Michael Douglas ripercorre la sua lunga carriera davanti al pubblico di Cannes, festival che lo ha ospitato numerose volte


CANNES – È stato protagonista di un documentario, ha ricevuto la Palma d’oro alla carriera e ora torna a parlare in un incontro con il pubblico. Si tratta del grande Michael Douglas, l’illustre personaggio al centro di questi primi giorni al 76mo Festival di Cannes.

Tanti gli argomenti affrontati dal grande attore in una chiacchierata che ha ripercorso i suoi oltre 50 anni di carriera d’attore e produttore, partendo dall’impresa più grande: raggiungere l’indipendenza dal pesante cognome che porta, lo stesso di suo padre Kirk. “C’era un periodo che ero molto aggressivo con mio padre. Erano gli anni ’50, non c’era la televisione e lui faceva 5 o 6 film all’anno. – racconta – Io ero un bambino e sentivo di non avere le giuste attenzioni. Poi sono cresciuto, ho avuto dei figli e ho capito che mio padre non aveva fatto poi un lavoro così cattivo. È cambiato tutto quando sono stato nominato agli Oscar, perché erano i miei stessi colleghi a dire che avevo il diritto di ricevere un tale riconoscimento. Ho visto il loro apprezzamento ed è lì che ho sentito di essere uscito dall’ombra di mio padre e ho iniziato a sentire il piacere della recitazione”.

Prima di essere un attore prolifico e apprezzato, Michael Douglas ha prodotto uno dei più grandi successi della storia del cinema, Qualcuno volò sul nido del cuculo, scegliendo come protagonista Jack Nicholson. Fu un progetto molto coraggioso, che Douglas insistette per far girare in un reale ospedale psichiatrico, permettendo al cast di incontrare e apprendere dai pazienti. “Finimmo di girare e aggiungemmo quelle splendide e pazze musiche. Il film era pronto e sapevamo che era molto bello. Cercammo un distributore, ma nessuno lo voleva. Proprio quel film che avrebbe avuto nove nomination agli Oscar era rifiutato perché non nessuno voleva un film ambientato in un ospedale psichiatrico. Alla fine riuscimmo ad avere un accordo di distribuzione e beh… la vendetta è un piatto che va servito freddo”.

Tanti i cult citati nell’incontro e gli aneddoti raccontati, tra Attrazione fatale, La guerra dei Roses e Basic Instinct, che, presentato proprio a Cannes ne “lo schermo più grande mai visto”, scandalizzò il pubblico francese e convinse tutte le mogli a portare i mariti al cinema. C’è tempo anche per ricordare un film che fece molto scalpore a fine degli anni ’70: Sindrome cinese, anch’esso presentato con successo sulla Croisette. “Vedevo il film come un film horror perché raccontava il pericolo dell’arma nucleare. – spiega Douglas – Il film fu molto criticato, ci dissero che eravamo degli irresponsabili. E 13 giorni dopo ci fu la parziale fusione del reattore in Pennsylvania. C’erano tantissime somiglianze con il nostro film. Per me fu come un’epifania, non sono una persona religiosa, ma fu la più grande esperienza religiosa che abbia mai avuto. Per molti anni sono stato contro l’energia nucleare. So che in Francia avete tantissime centrali e che il mio amico Oliver Stone ha fatto un documentario in cui la difende. Ora, guardando la situazione climatica attuale, la crisi che stiamo vivendo, la mia posizione è completamente cambiata”.

Proprio Oliver Stone lo diresse in Wall Street, film che gli valse il suo unico Oscar come attore. “Per Gekko voleva che fossi un vero villain ma la cosa evidentemente non è riuscita perché quel personaggio è nel cuore di tutti. Per farmi essere più cattivo mi provocava: ‘sei fatto di droga’ mi diceva per farmi arrabbiare”.

“Io credo di essere un esperto delle scene di sesso. – commenta l’attore parlando delle nuove figure professionali presenti sui set, gli intimacy coach – Devi approcciarti come se fosse una scena di combattimento, devi lavorare sulla coreografia. Quando faccio una scena d’amore è importante portarsi in vantaggio con la partner e dirle dove metterai le mani”.

Per ultimo, Douglas si focalizza sull’attuale sciopero degli sceneggiatori, individuando le cause del problema: “Prima quando un film andava in tv, ricevevi i diritti d’autore tutte le volte che il film veniva replicato. Il bello dello streaming è che non ci sono pubblicità, ma con i servizi di streaming è diventato difficile per gli scrittori. In uno show ci sono 5 o 6 autori che lavorano insieme e prendono la paga minima e non hanno diritto ad altro. Questo è il grande problema di cui si sta discutendo. Credo che verrà risolto. Le compagnie di streaming pagano un sacco le star ma non gli sceneggiatori”.

Il rapporto con le nuove generazioni si esplica in quello con la figlia Carys, che vuole fare l’attrice, e nel desiderio di entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe, recitando nella saga di Ant-Man: “Ho partecipato agli Avengers perchè volevo un contatto con tutti quei ragazzini che non hanno idea dei miei film precedenti. E poi Ant Man e Avangers mi hanno fatto andare al Comicon, un posto pazzesco, mi sono trovato come un ragazzino nel negozio di caramelle”.

17 Maggio 2023

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