LECCE. Diciannove e settandue è il record mondiale dei 200 metri stabilito da Pietro Mennea nel 1979 alle Universiadi di Città del Messico, rimasto imbattuto per 17 anni, abbassando il precedente limite che dal 1968 apparteneva a un suo idolo, il nero Tommie Smith. Ed è anche il titolo della docufiction di Sergio Basso – il teaser era stato presentato l’anno scorso proprio qui al Festival del cinema europeo – prodotta da CSC Production, Sharoncinema, in collaborazione con Rai Radio Televisione Italiana e con il contributo dell’Apulia Film Commission e che presto uscirà in DVD abbinata al settimanale ‘Sportweek’ della ‘Gazzetta dello sport’.
Più che la vicenda sportiva dell’atleta da poco scomparso, sintetizzata con rapide immagini di repertorio delle gare più importanti incluso l’oro olimpico vinto a Mosca nel 1980, al regista interessa ripercorrere “la parabola umana di Mennea che è una metafora stupefacente sull’abnegazione, sulla semplicità e sull’ascesa sociale”. E’ la storia di un giovane del profondo Sud, introverso e di famiglia modesta, che fin da bambino mostra talento per la corsa, ma non ha nemmeno una pista su cui allenarsi a Barletta.
Il racconto si snoda attraverso i materiali d’archivio, soprattutto delle Teche Rai, come la commovente scena nel salotto di casa dei genitori emozionati davanti alla diretta tv della vittoria del figlio. Scorrono poi le testimonianze raccolte oggi: l’allenatore Carlo Vittori, la sorella Angela, la moglie Manuela Olivieri, la mitica staffetta dell’Avis e l’allenatore di allora, e ovviamente il protagonista.
“Oggi i miti sembrano fatti di carta, bruciano subito – spiega ancora il regista – Mennea è stato una stella per gli anni ’70 e ’80, un tempo in cui tutto era mitico. Ha saputo compiere rinunce, costruire il suo lavoro giorno per giorno attraverso l’esercizio fisico e spirituale, la disciplina. Per questa ragione è stato un eroe del pubblico e tuttora la sua vicenda parla al cuore dei giovani. E ha continuato ad esplorare i suoi limiti, portandoli sempre un pelo più innanzi. Ma ha anche saputo fermarsi”.
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