MILANO – Un uomo, un commissario che nasce nella fantasia di un altro uomo, uno scrittore, e diventa “uno e centomila”: Il Commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni, dalle pagine di carta allo schermo (per la serie tv interpretata da Lino Guanciale), poi – da Napoli Comicon 2016 – prende la forma della graphic novel, adattamento dei romanzi in fumetti, da parte di Sergio Bonelli Editore, che per la primissima volta nella sua storia crea un progetto con protagonista un personaggio non nato “in casa”, ma preesistente.
“Sono cresciuto con i fumetti e l’idea che fosse un ponte tra parola scritta e immaginazione: quando Bonelli mi ha contattato per questa ipotesi sono rimasto onorato, era la prima volta che questo editore usasse un personaggio esterno; ho detto loro che avrei ceduto gratuitamente i diritti di Ricciardi se… fossero stati coinvolti sceneggiatori e artisti della Campania, che ha una formazione in comics, ma sempre percepita periferica; loro hanno accettato, mettendo insieme bravissimi collaboratori. Credo di aver avuto dai fumetti un numero maggiore di lettori che dalla fiction, perché il lettore di fumetti è più vicino al lettore del romanzo, che allo spettatore di fiction. Gli scrittori quando riescono ad arrivare alla fiction credono di avere un boom: la cosa non accade, è successa solo con Andrea Camilleri”, racconta l’autore al Noir, alzando un velo su quello che potrebbe essere il luogo comune per cui il successo pop della metamorfosi del romanzo in racconto tv sembrerebbe… portare, ma non è tutto ora quello che luccica.
Negli otto anni trascorsi da quel nido creativo napoletano sono venuti alla luce della letteratura fumettistica 11 albi: Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera, In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d’inverno, Il purgatorio dell’angelo; con, in realizzazione, Il pianto dell’alba. A questi 10 romanzi vanno aggiunti 5 volumi di storie brevi già editi: Dieci centesimi, Quando si dice il destino, Il viaggio di una rosa, Un caso senza importanza e Canzone per Livia – tutte vicende nella Napoli degli Anni ’30 alternativamente o collettivamente sceneggiati da Claudio Falco, Sergio Brancato e Paolo Terracciano; disegnati da Daniele Bigliardo, Lucilla Stellato, Alessandro Nespolino, Luigi Siniscalchi.
Maurizio De Giovanni al Noir in Festival è un classico, un ospite di cui quasi tutte le edizioni godono e da autore di tutti i soggetti delle storie per fumetto di Ricciardi, con Bigliardo creatore di tutte le copertina, a Milano entra nel vivo di questa storia di letteratura e “d’amore” con Bonelli, che esce sia in libreria che in edicola.
La versione graphic novel delle vicende di Ricciardi ha permesso un’ulteriore produzione creativa, suggestiva, accattivante, che potrebbe anche ingolosire il pubblico – e chissà se anche Bonelli – nell’immaginare una storia animata per adulti: infatti, la casa editrice ha realizzato una serie di trailer dedicati, esperienza neonata non avendo mai fatto prima booktrailer; basati sulle tavole dei fumetti, elegantemente montate da Alex Dante. E se questi trailer sono davvero bellissimi perché restituiscono proprio l’essenza dei romanzi, mentre per la fiction non succede completamente, Luca Crovi (Bonelli Editore), che accompagna lo scrittore e Paolo Terracciano nell’incontro – racconta che “Alessandro D’Alatri, regista della prima serie tv, ci aveva raccontato che i fumetti fossero stati ‘lo storyboard’ della serie”.
Maurizio De Giovanni, ospite allo Iulm – e a Milano anche per presentare il suo ultimo romanzo, Volver – è uomo in cui nella propria fantasia e immaginazione anche i luoghi sono spesso personaggi imprescindibili, non manca infatti di riflettere che “questo è un luogo – l’università milanese – dove si studiano i sogni, in cui ci si prepara a fare dei sogni qualcosa di reale e industriale”, un inchino alla missione speciale di un ateneo che, uno per tutti, dovrebbe essere il terreno fertile per la messa in cantiere di un futuro creativo, quello da cui – con il tempo, il talento e l’esperienza – potrebbero poi nascere esperienze letterarie, cinematografiche o addirittura multimediali come quella in questione.
Terracciano spiega che, nel caso del progetto su Ricciardi, “la prima sfida era cercare di capire i lettori Bonelli come potessero incontrare quelli di Maurizio: non è stato semplice perché i suoi scritti sono complessi, perché usa soggettive, fotografia, e quindi noi dovevamo concentrare tutti i ruoli, facendo anche un lavoro di ricerca fotografica, trovando la chiave per rendere il famoso corsivo di Maurizio, ovvero i pensieri dei colpevoli: ci siamo riusciti con vari escamotage, sperimentando strade diverse, come più spazio al testo in didascalia”.
Crovi riconosce che “Maurizio ci ha detto potessimo anche inserire altre storie, partendo da suoi spunti, per raccontare mondi”, cosa su cui Terracciano precisa siano “storie nascosti tra le righe. Lui a volte in poche frasi ti dà un mondo”. Ciascun fumetto, poi, ha una gamma cromatica identificativa, molto sofisticata e magnetizzante, e per Terracciano “il fascino del fumetto in edicola resta insuperabile; intercettare quel pubblico credo sia stata una sfida riuscita”.
E, ancora, Crovi non fa sfuggire come “per i fumetti abbiamo usato le canzoni – presenti nel Ricciardi originale -, qui dal punto di vista narrativo e visivo”; per De Giovanni, infatti “la lettura è un’esperienza sensoriale, davanti a uno schermo siete passivi: quello che vedete è quello è… per cui nel frattempo possiamo rispondere a un messaggio, dormicchiare, fare pipì, tanto dalla storia non si esce, mentre se leggete no, perché leggere è un’attività, non una passività, è un lavoro, dovete vedere… Lo scrittore immagina una storia, il lettore la vede, per cui è fondamentale per lo scrittore un rapporto sensoriale: se faccessi cantare Se telefonando di Mina vi porterei negli Anni ‘60, sentendo il sapore, il calore. Se piove, nel film, lo vedete; se piove, nel libro, vi ci devo portare sotto l’acqua: il fumetto è eccezionale perché il rapporto sensoriale lo posso stabilire nelle immagini, perché ho a disposizione il testo, molto più che in tv”.
Quelle dal romanzo alla tv, al fumetto, per Maurizio De Giovanni “sono traduzioni da un linguaggio a un altro: qualcosa guadagni, qualcosa perdi; io amo proprio la condivisione, non sono geloso dei miei personaggi. Loro – quelli della Bonelli – sono venuti a guardare alla mia stessa ‘finestra’: un autore vede un mondo, loro vedevano quello guardato da me e anche il proprio. I miei universi poi adattati per lo schermo – I bastardi di Pizzofalcone, Mina Settembre, Il Commissario Ricciardi – sono connessi: non mi stupirei che prima o poi si scoprissero parentele; uno vede un mondo collegato al suo interno; Ricciardi è stato rappresentato a teatro, con la fiction, nei romanzi, con l’audiolibro, e tutti loro sono personaggi differenti, per cui un personaggio, quando va in un altro luogo…, deve tener conto del luogo stesso: Ricciardi è tradotto in 56 Paesi, io non sono in grado di capire se ci sia davvero scritto quello che ho scritto io, ma qualcosa ‘avrà’ se è riuscito ad arrivare così”.
Nei fumetti, ancora, si ricorda anche l’importanza discriminante di restituire anche il tempo, e quindi il ricorso a ispirazioni come Leopoldo Mastelloni, a altri caratteristi del cinema italiano degli Anni ’40-’60. D’altronde, aggiunge lo scrittore napoletano, “anche quando immagino una somiglianza e poi tu vedi De Sica lo collochi in un tempo” e, ancora, ricorda Crovi, “c’è anche una storia ambientata a Procida, in cui ci siamo permessi di inserire Troisi: i lettori si sono commossi”.
Maurizio De Giovanni non ha dubbi, “il fumetto è… narrativa, più poesia, più cinema. E le copertine restituiscono il fatto che storie e personaggi siano vivi…”.
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