ROMA – Cosa è successo a Pinocchio dopo che è diventato un bambino vero? Una domanda semplice che pone un bambino a un nonno con il volto amichevolmente noto di Giulio Scarpati. La risposta la dà Matteo Cirillo nel corto da lui scritto, diretto e interpretato, Pinocchio Reborn, presentato ad Alice nella Città 2024. L’attore e autore romano, al suo secondo cortometraggio da regista, interpreta un Pinocchio contemporaneo che, ormai diventato adulto, si trova costretto ad andare da uno psicologo (Paolo Triestino), perché troppo buono e sincero per vivere nel mondo di oggi.
Matteo Cirillo, da quale esigenza nasce questo film?
Quando arrivi a 36 anni, sei papà, hai tanti doveri e capisci che purtroppo è tosta. La società sembra volere schiacciarti, non solo nel lavoro, ma anche nella vita quotidiana. Vedo tanta indifferenza nelle persone. C’è questa sindrome che si chiama la sindrome dello spettatore, che mi è capitata in prima persona. Mi avevano rubato il cellulare e nessuno è intervenuto: questo ti fa capire in che direzione stiamo andando. Una persona un po’ più sensibile, un po’ più buona si sente escluso, si sente da solo. Ci sentiamo tutti un po’ più soli, questo era un tema che volevo approfondire.
Perché questa scelta di riproporre una nuova versione di Pinocchio, ma dopo la sua trasformazione in bambino vero?
Ci sono tante versioni di Pinocchio, anche un Pinocchio contemporaneo come il mio. Io però volevo mettere la luce su un problema serio: i valori con cui cresce, sono valori che servono oppure sono valori che diventano una debolezza. Qui lavoriamo sulle debolezze umane. Quando ho visto il primo Joker mi sono detto: eccolo, io devo raccontare questa storia. Devo raccontare il Joker italiano, che è Pinocchio. Quel film mi ha dato tanto. Mi ha colpito quando dice allo psicologo ‘lei non mi ascolta’. Il mio Pinocchio non vuole tornare a essere un burattino, non vuole diventare come tutti gli altri che hanno perso la loro umanità. Sono come dei burattini: qualcosa di non umano.
Mi è piaciuta la deriva un po’ horror del finale, ti fa pensare a quanto c’è di inquietante nel fatto di essere una persona di legno. Finta.
Si è vero, sarebbe bello che lui tornasse ad essere di legno, una parte del corpo alla volta. Nel trattamento del lungometraggio che sto sviluppando, lui non conosce la bugia. È sincero fino in fondo. Deve fare il percorso opposto del libro: diventare malvagio. Però si scontra con la sua natura buona. Brecht, che ho fatto tanto a teatro, dice: come è difficile essere cattivi. Una frase che pronuncia una persona buona, che a causa della sua bontà ha perso tutto.
Quanto è importante avere degli attori così importanti al tuo fianco? È stato difficile coinvolgerli nel progetto?
In questo caso è stato facile, perché hanno creduto subito nel progetto. Vengo da una tournée con Giulio Scarpati che è diventato un amico. Mi piaceva l’idea che lui aprisse il corto, perché per mi fa tornare a quando ero bambino. Ha detto subito di sì. Paolo, invece, l’ho utilizzato anche nell’altro mio corto, Internet sparito, e incarna molto bene quello che ho scritto, anche perché pensavo a lui quando lo scrivevo. Riesce a essere molto serio in un contesto totalmente senza senso. La scena con lui l’abbiamo costruita proprio ispirandoci a Joker.
Quali sono i tuoi progetti attuali?
Ho scritto uno spettacolo con i ragazzi de La città ideale, che si chiama Ce l’ho, ce l’ho, mi manca, incentrato sulla crisi delle edicole, che chiudono a centinaia al giorno. Questo luogo è molto nostalgico per noi degli anni ’90 e lo abbiamo voluto omaggiare. Poi vorrei realizzare il mio terzo corto. Domani, invece, sono in scena con uno spettacolo che si chiama Petricore, con Simone Guarany e Leonardo Bocci. E poi tanti altri progetti random.
Pensi di spostarti sempre più verso il cinema o il teatro resterà sempre la tua comfort zone?
Il teatro mi ha molto deluso, perché banalmente è insostenibile. Me ne sono reso conto quando sono diventato papà. Al tempo stesso il cinema è molto difficile. Non so come mi vedo, l’importante è portare il pane a casa nel miglior modo possibile senza togliere tempo alla mia famiglia. Vado dove mi porterà il pagamento del mutuo. Banalmente. Cercando di rimanere me stesso, artisticamente.
Quando tuo figlio avrà l’età giusta gli leggerai Pinocchio?
Sì, ma prima gli faccio vedere il film (ride ndr.).
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