Matt Damon nella “terra promessa” dell’identità americana


BERLINO – “Ci sono state tante critiche, ma questo film lo adoriamo e lo rifarei esattamente così. Magari, come mi è successo altre volte, sarà riscoperto tra qualche anno”. In America non è andato proprio bene, Promised Land – il nuovo film di Gus Van Sant che arriva in concorso alla Berlinale e sarà nelle sale italiane con Bim dal 14 febbraio – ma il suo protagonista Matt Damon non si tira indietro se si tratta di parlarne. Ancor prima che uscisse, racconta infatti l’attore, “ci sono state pressioni delle grosse compagnie di gas americano, ma poi si sono sgonfiate proprio perché il film non è stato un successo”.

 

Né il box office, né le recensioni hanno infatti premiato questa storia ambientata nella provincia rurale americana gravemente affetta dalla crisi, dove Damon è Steve Butler, agente commerciale di una potente multinazionale che tratta gas naturale. Con la sua faccia pulita e i suoi modi sinuosi da bravo venditore, nonché con la complicità dell’esperta collega Frances McDormand, Steve fa tappa in ogni singola fattoria per convincere i proprietari a farsi “trivellare” il terreno in cerca di gas naturale, con la promessa di una ricchezza immediata. Finché, proprio mentre la comunità dibatte sull’opportunità di accettare questi contratti, arriva Dustin/John Krasinski, giovane ambientalista con la faccia ancor più pulita, a rovinargli la festa: i metodi con cui l’azienda estrae il gas portano alla contaminazione del terreno e dell’acqua, alla morte degli animali e, infine, delle fattorie, dice. E come se non bastasse attira l’attenzione della bella ragazza (Rosemarie DeWitt) su cui Steve aveva messo gli occhi.

“Non è solo un film a tematica ambientalista, ma una storia sull’identità americana – dice Matt Damon – questa vicenda del gas naturale era perfetta per chiederci chi siamo oggi, a cosa pensiamo quando prendiamo decisioni importanti, se alla nostra comunità, o al futuro, o a nessuno dei due. La questione del gas naturale si prestava benissimo perché polarizza le posizioni: ognuno ha un’opinione precisa in proposito e abbiamo potuto mostrare una comunità che si riunisce per operare una scelta sul destino della propria terra”.

Partita da una storia di Dave Eggers, la sceneggiatura di Promised Land ha messo insieme al lavoro gli amici Matt Damon e John Krasinski che, poi, come “scelta logica”, hanno chiamato Gus Van Sant alla regia. “Anche se inizialmente dovevo dirigerlo io, ma poi ho avuto degli impegni”, confessa Damon. Altro membro di questo piccolo “Rat Pack” hollywoodiano sarebbe Ben Affleck, con cui Damon condivise l’Oscar per la sceneggiatura di Will Hunting, che lanciò le loro carriere: “No, non mi stanco di parlare di Ben – risponde divertito l’attore alla domanda di un giornalista – la sua vita è interessante e abbiamo una società insieme. Qualche mese fa, dopo l’exploit di Argo, mi ha chiamato e mi ha detto che finalmente avremo anche degli uffici, con il nome sulla porta! Sono contento per il successo che sta avendo, lo merita. Non so che chance abbia per l’Oscar, ma spero lo vinca. Comunque vada, sarà un successo”. Infine, il divo Damon soddisfa la curiosità della stampa berlinese, che tra un mese vedrà arrivare in città il gotha di Hollywood: “Sarò di nuovo qui e so che fremono tutti per l’attesa perché ci sarà George Clooney“. L’attore-regista-produttore di Le idi di marzo sbarcherà infatti nella capitale tedesca per girare The Monuments Men, un film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale con un supercast composto anche da Cate Blanchett e Jean Dujardin.

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08 Febbraio 2013

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