Maternity Blues: quando la madre uccide


Rappresenta la più comune delle sindromi del puerperio. La sua frequenza è particolarmente elevata: nelle diverse casistiche dal 25 all’85% delle donne che hanno avuto un bambino sperimenta una certa instabilità emotiva nelle prime due settimane dopo il parto.

Questa sindrome parafisiologica, sostanzialmente legata alle brusche variazioni ormonali che avvengono qualche giorno dopo il parto, tende ad autolimitarsi per poi scomparire definitivamente nel giro di pochi giorni. Ma non sempre le cose vanno così, e come ci insegna la cronaca, spesso la scarsa importanza che si tende a dare a questo disagio può finire in tragedia.

Fabrizio Cattani ne ha fatto un film, intitolato Maternity Blues – così è chiamata la sindrome in Usa – e presentato a Venezia 68 nella sezione Controcampo Italiano. Tratto dalla pièce teatrale ‘From Medea’ di Grazia Verasani, e interpretato da Andrea Osvart, Monica Birladeanu, Chiara Martegiani e Marina Pennafina, con il controcanto maschile di Daniele Pecci, il film racconta la storia di quattro donne diverse tra loro, costrette alla convivenza forzata in una casa di cura perché legate da una comune colpa – l’infanticidio – in una decostruzione del mito della maternità che vorrebbe l’istinto alla protezione dell’infante innato nella natura della donna.

 

“Non c’è niente di naturale nella natura”, diceva il centauro Chirone nella Medea pasoliniana, e in qualche modo Maternity Blues lo conferma: “Conosco Pasolini, ma mi sono ispirata anche a Schopenauer – dice Grazia Verasani, che è anche sceneggiatrice – soprattutto nel cercare di esprimere l’impossibilità di giudizio sui dolori dell’anima. Siamo tutti un pozzo profondo. Ho raccontato una maternità non banale, non all’acqua di rose, che uscisse dagli schemi degli opinionisti da talk show. Io ho scritto un’opera di fantasia, il regista Fabrizio Cattani ha fatto poi un lavoro di avvicinamento alla cronaca”.

Spiega Cattani: “Ho cercato di trattare un argomento rifuggito dai più, perché considerato tabù. Inizialmente ho avuto problemi a trovare una produzione, poi sono per fortuna intervenuti Fulvia Manzotti e The Coproducers con Faso Film“. A distribuire invece, dal 27 aprile, sarà Fandango.

Il film si avvale anche dei consigli di un vero terapeuta, Antonino Calogero, direttore del centro di Castiglione delle Stiviere (Mantova) in cui si tenta il recupero psichiatrico di donne che hanno compiuto il gesto. A suo parere, “le madri che uccidono i figli sono potenzialmente le stesse che poi porterebbero i figli a trascurare le mogli. Io dirigo un ospedale autentico, finanziato dal Ministero della Salute -spiega – Le altre strutture simili vedono una compartecipazione del Ministero della Difesa”.

 

“La cronaca – commenta l’Onda (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna) – presenta dati finalmente positivi: da 19 infanticidi nel 2010, di cui 15 nei primi sei mesi dell’anno, a 7 fino ad agosto 2011. Si tratta sempre di numeri drammatici, ma sono la conferma che la prevenzione esiste e che le campagne di sensibilizzazione funzionano”, nel sottolineare che sulla depressione post partum qualcosa sta cambiando.

Naturalmente, un grosso sforzo è stato richiesto alle attrici: “Ho avuto molti dubbi prima di iniziare – dice Andrea Osvart – l’ho affrontato facendo un lavoro inverso. Ovvero basandomi sull’essere stata bambina, con una madre. Con le mie colleghe si è creato immediatamente un feeling naturale”. “Io non sono madre – argomenta Monica Birladeanu – ma ho preso il film come la rappresentazione di un allarme nei confronti dei dolori che non si vedono. Il mio personaggio non vuole sentirsi in colpa, ma provoca costantemente gli altri perché cerca una punizione”. Marina Pennafina ha fatto conoscere il testo al regista, avendolo interpretato a teatro: “Cattani è un poeta dell’anima – dice del suo regista – la persona ideale per farci scendere in profondità”. “A me la parte terrorizzava – chiude l’esordiente Chiara Martegiani – in fondo sono solo al mio secondo film. Ho cercato soprattutto di non giudicare il mio personaggio”.
Cattani ha aggiunto alla forma originale gli esterni e i personaggi maschili, tra cui c’è un prete.

 

“Il mio è un testo laico – commenta ancora Verasani – dove donne credenti e donne non credenti si confrontano. “Per chi non ha fede – conclude Cattani – manca un appoggio, e dunque si potrebbe pensare che sia più difficile. Ma del resto la fede acuisce il senso di colpa. Uccidere il proprio figlio, per una donna, è in qualche modo una sorta di suicidio. I sintomi della depressione sono spesso nascosti dalla stessa madre, per disistima, ma anche dai familiari che la circondano, per motivi di imbarazzante vergogna. La solitudine è la prima barriera che una madre dovrebbe infrangere”.

autore
07 Settembre 2011

Articoli

Una delle illustrazioni del progetto
Articoli

Argento Reloaded by Luca Musk

L'artista Luca Musk e Franco Bellomo presentano il progetto espositivo dedicato al Maestro del Brivido. Una collezione di illustrazioni d'atmosfera che fanno rivivere i set di Argento e la loro magia

Articoli

The Arch., quando gli architetti diventano oracoli

Il documentario d'esordio di Alessandra Stefani ci porta in un viaggio lungo i quattro continenti alla scoperta delle prospettive che ci offrono i più importanti architetti contemporanei per un mondo più sostenibile. In sala con Adler dal 27 al 29 settembre

Articoli

Buon 2018 ai lettori di CinecittàNews

La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.

Articoli

Cattivissimo 3 sfiora i 15 milioni

E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk


Ultimi aggiornamenti