Marion Cotillard mutilata per Audiard


CANNES – E’ un mondo in cui “Dio vomita i tiepidi”, quello dei racconti di Craig Davidson, scrittore canadese appena 27enne a cui è ispirato l’universo di De rouille et d’os, il film del francese Jacques Audiard in concorso a Cannes che di sicuro candida la protagonista, la star francese Marion Cotillard a un premio per l’intepretazione. Ispirato ma non di più se si pensa che i due personaggi principali del film, il pugile Ali e l’addestratrice di orche Stéphanie (appunto Cotillard) nei racconti non ci sono affatto. Ma c’è “l’immagine di un mondo moderno vacillante, all’interno del quale i singoli percorsi vengono amplificati dal dramma e dagli incidenti della vita. Una visione degli Stati Uniti come un universo razionale in cui i corpi devono sforzarsi per trovare il loro posto, per cercare di capovolgere il destino a loro riservato”, come spiega il regista, Gran Prix con il folgorante Il profeta, nel 2009. Il cineasta è stato tra l’altro collaboratore di Claude Miller, a cui questo nuovo film è dedicato.

 

De rouille et d’os “è una storia di ricostruzione e di riconciliazione con la vita innanzitutto e poi anche con l’amore”, dice il sessantenne Audiard del film che in Italia uscirà con la Bim in autunno. “Entrambi i personaggi si liberano dalla propria condizione, lei di handicap, lui di sottoproletario deprivato”, gli fa eco lo sceneggiatore Thomas Bidegain. Stéphanie che alla sua prima apparizione è una “principessa arrogante”, dovrà fare i conti con una tremenda menomazione, degna di un film di Cronenberg. Perderà entrambe le gambe in un incidente acquatico con le orche, mentre Ali, che addirittura cerca nella spazzatura un po’ di cibo per il figlioletto di 5 anni a cui non riesce a fare neanche una carezza, si guadagna un po’ di soldi con la boxe clandestina e mettendo videocamere nei supermercati per sorvegliare, illegalmente, le cassiere che “arrotondano” rubando yogurt scaduti dagli scaffali. “Sono personaggi di una società in crisi, dove la gente mangia la spazzatura e l’unica cosa che ci resta è il corpo, mentre le parole sembrano svuotate di senso”, dice ancora il regista.

 

Per i due protagonisti, dunque, una grande prova “fisica”. Marion Cotillard, Oscar per La vie en rose, ha recitato “senza gambe”, ovvero indossando delle calze verdi poi eliminate in postproduzione, grazie agli effetti speciali leggeri e non invadenti, tanto da permettere l’uso della camera a mano, e soprattutto a una grande dose di immaginazione. “Di lei amo il fatto che è un’attrice virile e sensuale allo stesso tempo”, dice Audiard. Mentre il belga Mathias Schoenaerts ha irrobustito il fisico già notevole per calarsi nei panni del lottatore che finisce per spaccarsi le mani cercando disperatamente di salvare il figlioletto. Per Audiard, dopo un film tutto al maschile girato in prigione come Il profeta, c’era la voglia di raccontare “una storia d’amore piena di luce, di spazio e colore ambientata in Costa Azzurra”, ma con la costante di un universo di disperazione tipico del suo cinema. “E dire che ho orrore della violenza”, confessa candidamente. 

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17 Maggio 2012

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