Marco Risi, un regista tra critica e autocritica

Un dialogo informale tra il regista e gli studenti dell'Università La Sapienza, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, incentrato sul rapporto – spesso conflittuale – tra cinema e critica


Si è tenuto alla Sapienza Università di Roma, presso la sede del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (CoRiS), l’incontro con Marco Risi dal titolo “Il controcampo della critica”. Un dialogo informale tra il regista e gli studenti, incentrato sul rapporto – spesso conflittuale – tra cinema e critica. L’incontro è stato moderato dal professor Marco Lombardo, nell’ambito del corso di Giornalismo Culturale.

“La critica può fare bene”, ha esordito Marco Risi, ripercorrendo alcuni episodi della storia del cinema italiano, tra cui le polemiche che accompagnarono l’uscita de Il Gattopardo (1963) di Luchino Visconti. “Fu accusato di essere un film reazionario. Eppure bastò che un grande critico francese lo definisse un capolavoro, perché cambiasse l’intera percezione del film. È questo il potere della critica autorevole: orientare lo sguardo collettivo”.

Risi ha raccontato anche del padre Dino, regista de Il sorpasso (1962), sottolineando il suo rapporto ironico con i critici: “Mio padre nasce come critico e diceva sempre che i critici spesso vorrebbero che tu facessi il film come lo farebbero loro… se ne fossero capaci. Per questo poi si mise a dirigere. Voleva girare quello che gli piaceva e farlo come voleva lui”.

Non sono mancati anche i momenti di autocritica. Parlando del suo film Colpo di fulmine (1985), Risi ha ricordato come una recensione di Lino Micciché mise in luce un errore tecnico sull’uso degli obiettivi. “Aveva ragione – ammette – c’erano scelte visive che disturbavano l’equilibrio del racconto. È stato lì che ho capito che il ruolo dei critici non è sempre per il pubblico, che raramente si sofferma su questi aspetti tecnici. Il critico, infatti, è molto spesso più utile per i registi”. Citando le dinamiche che segnarono la nascita della Nouvelle Vague nei primi anni ’60, quando registi come Godard e Truffaut, inizialmente critici sui Cahiers du Cinéma e divenuti poi registi, non solo scrivevano di cinema, ma spingevano anche a una continua riflessione sulle scelte creative, chiedendo al cinema e, in particolare, ai registi di esplorare nuove possibilità.

Risi ha poi riflettuto sul cambiamento dei set oggi e sulla quantità di forme espressive presenti nel contesto contemporaneo: “Oggi, il panorama è molto più caotico e frammentato. Vi sono molti set importanti anche per le serie TV, che spesso sono dei veri e propri film”. Quindi, ora più che mai, la critica resta un elemento fondamentale da preservare nel processo di crescita e miglioramento del cinema: “La critica è utile per mettere ordine tra le scelte creative. È vero che non è più in luce come un tempo, ma solo perché nel continuo flusso informazionale in cui viviamo è difficile distinguere le riflessioni critiche dei professionisti dai commenti degli utenti sul web”. Proprio con l’arrivo di nuove difficoltà, la critica resta fondamentale per garantire l’evoluzione di forme espressive originali, evitando che si perdano nel caos informativo.

 

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10 Aprile 2025

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