Questa non è un’intervista impossibile anche se ne ha tutta l’aria. Marco Ferreri ci manca, ce lo ricordiamo affettuoso, per niente orco nonostante la fama e l’aspetto, a Pesaro, per la retrospettiva che di poco precedette la sua morte. Ora vorremmo che fosse qui, alla Mostra. E in un certo senso è così. Grazie a un documentario inserito in “Nuovi Territori”. Il titolo, Ferreri, I love you,
gioca sulla sua filmografia, il film gioca con gli sguardi di Marco, tenero-violento seduttore, infantile e unico al mondo, secondo l’autrice, Fiorella Infascelli. Era ferma da qualche anno: “Ferreri, per me, è stato un modo di ritornare al cinema in forme più oneste e coraggiose. E’ un autore che avvicino a Rossellini per le cose in comune che avevano”, dice. Anche Jacqueline, la vedova di Marco, è a Venezia, la prima volta senza Marco. Rimprovera la memoria corta degli italiani: “che hanno il piccolo difetto di non ricordare i loro artisti: Visconti, Fellini, Petri, Germi.. hanno fatto grande il vostro cinema quando era grande, ma ora non c’è la volontà politica o anche l’affetto di ricordarli”.
Non è vero del tutto, però. Piera Degli Esposti è qui al Lido anche lei, proprio per dimostrare il suo amore per Marco. Due esperienze insieme, Il futuro è donna e Storia di Piera, indelebili. “Aveva il dono delle immagini e il fascino dell’attore. Io e Dacia (Maraini, ndr) facevamo fatica ad accontentarlo: ci accusava urlando di non farci capire dalla famiglia del Tufello ed era come un preside che sfida le alunne ma le fa anche ridere”.
Piera è una delle testimoni scelte per il documentario, prodotto da Navert con Tele+ (che lo manderà in onda: e qui al Lido ha dimostrato un’attenzione alla non-fiction inedita per le tv italiane). Infascelli sceglie il metodo classico, quello di intervistare chi lo conosceva bene ma “fuori contesto”. Ghione e Sansone (primo sceneggiatore e primo produttore) sulla spiaggia di Trevignano. Rafael Azcona, lo scrittore del suo cinema spagnolo (e non solo) a tavola con gli amici. Michel Piccoli, il piccolo-grande Dillinger, in un caffè parigino. Annie Girardot, tra la donna scimmia e il Rocco di Visconti, scettica, innamorata, affettuosa, in un museo. Dacia Maraini & Piera Degli Esposti, tra storia di Piera e le spiagge di Sabaudia, in automobile. Ma è Philippe Sarde, autore delle musiche di qualche suo film, a raccontare l’aneddoto più “ferreriano” in assoluto, sulla genesi della Grande abbuffata. “Ci trovavamo a Parigi: io, mio fratello Alain, Marco e Ugo Tognazzi. Mangiamo insieme al ristorante fino a scoppiare. Andando via, Marco si fa regalare dal maître un pezzo di parmigiano per la cena. A casa Tognazzi mette sul fuoco le salse, al pomodoro, alle alici… Mandano a chiamare delle ragazze… Si mangia, si scopa, fino a morire… in quattro amici”. Vi suggerisce qualcosa? Marco direbbe che “sono tutte cazzate”. Ma guardando il mare.
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