Marcello Fonte e quella grappa sul set di Garrone

Sembravano applausi di Maria Tilli, doc tra backstage e biografia, è dedicato all’attore calabrese di Dogman che intanto esordisce nella scrittura con il romanzo autobiografico "Notti stellate"


TORINO. “Vivo alla sbando” dice Marcello Fonte, Palma d’oro per l’interpretazione di Dogman, al provino per il film di Matteo Garrone. che stasera ritira al TFF il Premio Langhe Roero e Monferrato. Ce lo mostra Sembravano applausi di Maria Tilli, documentario tra backstage e biografia, dedicato all’attore calabrese e presentato fuori programma nella sezione Festa mobile. Senza pietismo o retorica, è il racconto di un uomo rimasto se stesso, nonostante le luci dei riflettori. “Questo film parla del momento in cui la vita di Marcello cambia sul set di Dogman, non racconta la sua infanzia già narrata in Asino vola”, spiega la regista.

Per Maria Tilli si tratta della seconda volta al Torino Film Festival, la prima tre anni fa in gara nella sezione Italiana.doc con La gente resta che vinse il Premio Speciale della giuria. “Matteo ci ha fatto incontrare e il posto dove ho girato parte del documentario, Castelvolturno, è un microcosmo incredibile, sospeso, dove gli abitanti erano tutti coinvolti in Dogman, e a volte vivevano la finzione come realtà, soprattutto i bambini”.

Nel documentario conosciamo Marcello in vari momenti e luoghi: nella sua ‘casa’ al Nuovo Cinema Palazzo, sul set di Dogman durante e fuori le riprese, al Festival di Cannes prima e durante la premiazione, nella baracca di lamiera dove vive la madre verso la quale nutre un sentimento protettivo. Scopriamo le sue difficoltà nell’interpretare il personaggio di Marcello, ma per fortuna arriva l’aiuto provvidenziale di un po’ di grappa sul set che lo scioglie. E vediamo anche le sue incertezze come nella scena in cui deve ammazzare il violento e tossico Simoncino. E’ così dentro il suo ruolo che Marcello sul set quasi confonde la finzione con la realtà.

“Matteo è un giocatore vero, è uno che sa rischiare. Stimo tutto il suo lavoro, ha una grande sensibilità – afferma l’attore – mi fido di lui, anche se il regista, non solo l’interprete, può sbagliare. L’importante è riconoscere l’errore, anche se si è vinta la Palma d’oro”. Paura di sbagliare dunque? “Di sicuro di non fare le cose giuste, di dire cavolate, vado però di cuore, di pancia – confessa l’attore – La paura di quando mia madre non ci sarà più. Porto avanti i miei sogni, chi mi chiama da una parte, chi dall’altra e non ho mai il tempo per lei e Paolino. Quella è la mia paura”

Forte è già un personaggio da film nella realtà con quella maschera malinconica, che a molti ha richiamato lo sguardo triste e tenero di Buster Keaton. Anche le vicende personali che ha vissuto sono già un soggetto affascinante per chi vuole trarne un film. Come quella del suo amore all’inizio ricambiato per una ragazza che ha poi scelto di farsi suora. E lui ha tentato di dissuaderla andando sotto il convento con la scritta “Ti amo” sul tetto della macchina. Ma anche un soggetto che ha il rischio di scivolare nella vicenda un po’ scontata  di chi conosce dopo la miseria il riscatto sociale. “È la storia di una persona che segue una vocazione intima che coltiva in solitudine, dentro le cantine, dietro le quinte, e a un certo punto il mondo se ne accorge”, precisa la regista.

E’ appena uscito nelle librerie per Einaudi “Notti stellate”, il suo romanzo autobiografico e presto lo vedremo a teatro in “Famiglia”, il nuovo spettacolo teatrale della compagnia di ex detenuti che debutterà a Firenze e poi al Teatro India di Roma, dal 16 al 20 dicembre. E poi tornerà sul grande schermo con due film, ora in post-produzione. Vivere di Francesca Archibugi. “Sono Salvo Tranò un perito industriale in un ufficio, precisino, collezionista di cellulari, solitario, che spia e vive dei vicini di casa. Questo personaggio ha una parentesi, ama se stessa perché finalmente si mette a nudo, ama il suo corpo, ama lei donna. Perciò Dogman si denuda”. L’altro lavoro è Via dall’Aspromonte di Mimmo Calopresti dove è “Ciccio Italia, detto il poeta, l’unico che ha viaggiato un po’ e visto il mondo e che sta scrivendo un libro mentre gli altri lo giudicano lo scemo del paese, lo prendono in giro ma poi si capisce la sua profondità. Nel film recita anche il produttore Fulvio Lucisano, ha una camminata che è una poesia. Vorrei essere così a 90 anni. Chissà?”.

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30 Novembre 2018

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