Marc Collin e le origini dell’electro music

Produttore e fondatore dei Nouvelle Vague, il musicista francese Marc Collin fa il suo esordio alla regia con Le Choc du Futur, in concorso a Torino 37. Un film che esplora la scena musicale degli Ann


TORINO – Produttore musicale e co-fondatore dei Nouvelle Vague, cover band famosa per le reinterpretazioni in stile bossa nova di classici della musica new wave e punk degli Anni ‘80, il musicista francese Marc Collin fa il suo esordio alla regia con Le Choc du Futur, in concorso a Torino 37. Il film esplora la scena musicale e il processo creativo che porta alla composizione di nuovi brani, un tema che potrebbe sembrare quasi scontato per il regista, che però assicura di aver molto riflettuto su questa scelta: “Il cinema – confessa – è stata la mia prima passione, tant’è che da ragazzo avevo frequentato una scuola di cinema, finendo, poi, per fare musica essenzialmente perché negli Anni ‘80 era un percorso più facile: era sufficiente un’idea e degli strumenti per iniziare a fare i primi dischi. Mi ci sono, poi, voluti venticinque anni per tornare al mio primo amore, e ho avuto bisogno di tutto questo tempo per capire che tipo di film avrei fatto. Potrebbe sembrare scontato che fosse un film sulla musica ma io ho impiegato molto tempo per capirlo. Essendo, poi, il mio primo film ho voluto che avesse una struttura semplice, la cui trama si potesse svolgere in una sola giornata”. 

Il film è ambientato nella Parigi di fine Anni ’70, dove la protagonista Ana (Eva Jodorowsky) è un’artista stanca di comporre jingle pubblicitari e cerca di farsi strada producendo electro music, convinta che sia il sound del futuro. Rispetto alla scelta dell’interprete, nipote del poliedrico e geniale Alejandro Jodorowsky, Collin rivela di aver pensato a lei innanzitutto perché è una cantante e strumentista. “Con Eva abbiamo fatto a monte un lavoro di ricerca sulle donne esploratrici della scena musicale che hanno popolato gli anni settanta. Volevo fosse un personaggio forte che doveva lottare per affermare la sua arte”.

Tra sintetizzatori ed avveniristici dispostivi elettronici (tra cui una delle prime beatbox importate in Francia), Ana deve combattere in un’industria dominata dagli uomini, sorda di fronte al suono delle novità e diffidente nei confronti di una ragazza a cui sembra riconoscere solo doti estetiche. “Il film vuole anche rendere omaggio al ruolo delle donne, nella musica e in generale – sottolinea il regista – Volevo che la protagonista fosse una donna perché in quegli anni, soprattutto nel mondo anglosassone, emergevano queste importanti figure femminili che riuscirono a fare cose davvero innovative ma che oggi sono state un po’ dimenticate”. 

Lottando, Ana riuscirà a esprimere se stessa e a far sentire la sua voce, creando un nuovo sound che lascerà il segno nei decenni a venire: la musica elettronica da ballare. “Le sonorità che Ana crea sono le stesse che ascoltiamo oggi. Negli anni Settanta è stata inventata la musica del futuro. È stata una grande rivoluzione e il suono della musica registrata e prodotta oggi proviene da quegli anni”. Ma non solo. Proviene da quel periodo anche il concetto di “non-studio”, l’idea di poter realizzare un prodotto artistico nella proria casa e coi propri mezzi, qualcosa che è un po’ anche quello che oggi avviene nel cinema grazie ai nuovi strumenti e alle nuove tecnologie, rimarca il regista.  

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