Manuel De Sica ha composto importanti colonne sonore, è il grande curatore dei restauri dei film di suo padre, ha contribuito non poco alla preservazione in Italia della memoria cinematografica con volumi, proiezioni, iniziative. Oggi di lui sappiamo una cosa in più: è un abile narratore. L’uscita presso l’editore Bompiani del libro autobiografico Di figlio in padre, infatti, ci racconta tanti episodi della vita sua e del grande genitore Vittorio senza che la retorica e la lacrimuccia facile facciano mai capolino.
Manuel De Sica scrive con linguaggio paratattico (frasi brevi, pungenti, scandite dalla punteggiatura) e non segue una cronologia lineare. Sul filo dei ricordi, i suoi racconti vanno continuamente avanti e indietro nel tempo. Con alcune punte di raro umorismo, come quando confronta il racconto di Fellini e quello dell’assistente di suo padre quando il regista di Rimini offrì a Vittorio un ruolo in I vitelloni; oppure quando l’immagine elegante di Audrey Hepburn è mescolata con quella di assai poco edificanti flatulenze.
C’è spazio anche per raccontare una scuola pre-sessantottina da lui frequentata e l’accendersi delle passioni beat nei turbolenti anni ’60, quando con il complesso The Ancients il giovanissimo Manuel cerca un confronto con un certo quartetto di Liverpool.
Tante storie che fanno la gioia dei cinefili, ma anche il racconto di un rapporto complesso quale quello che ha legato De Sica padre e figlio.
Da leggersi tutto in un fiato, attendendo che Manuel accetti l’offerta di un impresario di Broadway che insiste perché faccia un musical tratto da Miracolo a Milano. Gli hanno detto: “Sa, con la crisi uno spettacolo con i barboni in scena avrebbe certamente successo…”.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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