Esce il 14 settembre distribuito da RS Productions in collaborazione con Mirari Vos il nuovo film di Federico Moccia Mamma qui comando io, commedia per famiglie prodotta da Alexandra Cinematografica, Neo Art Producciones con Rai Cinema, diretta da Federico Moccia e con un cast che si rivolge a molteplici generazioni di pubblico: Daniela Virgilio, Simone Montedoro, Maurizio Mattioli, Corinne Clery e Alessio Di Domenicantonio.
Moccia firma anche la sceneggiatura insieme a Giorgia Colli e Luca Biglione e sceglie di raccontare – partendo da una storia vera – come la sentenza di un tribunale italiano possa cambiare in modo imprevedibile i rapporti all’interno di una famiglia.
Filippo (Simone Montedoro) e Michela (Daniela Virgilio) sono marito e moglie in procinto di separarsi e genitori di Francesco (Alessio Di Domenicantonio), un bambino di nove anni furbo e vivace. In tribunale, vista la lite dei coniugi per tenere la casa di famiglia e nell’ impossibilità di capire chi è il genitore giusto con cui il bambino debba vivere, il giudice sorprendentemente assegna la casa al bambino della coppia e stabilisce che saranno madre e padre ad alternarsi ogni lunedì dentro casa. La sentenza è però provvisoria: avvalendosi della supervisione di un assistente sociale il giudice deciderà dopo sei mesi a chi sarà affidato il piccolo in casa. Francesco interpreta a suo modo la sentenza e confortato dal suo gruppo di amichetti si convince di essere il Boss della casa, scatenando situazioni rocambolesche.
Dopo aver conquistato i teenager di tutta Italia con i successi letterari di Tre Metri sopra il Cielo, Ho voglia di Te e Amore 14 (quest’ultimo da lui anche diretto) e aver spostato poi lo sguardo come scrittore e/o come regista sui ventenni con Scusa ma ti chiamo Amore, Scusa ma ti voglio sposare e Universitari, Moccia si rivolge oggi al suo pubblico che è cresciuto con lui e che ormai ha un’età in cui ci si sposa, si fanno figli e si entra anche in crisi: “Mi divertiva soprattutto lo sguardo dei bambini – dice il regista – rispetto alle difficoltà che ogni storia d’amore può incontrare. Quando ero piccolo io era raro essere figli di genitori separati e quando capitava, ci si sentiva in difetto. Oggi è la norma, è più strano che i genitori stiano ancora insieme e prima di uscire di casa si bacino e si salutino con affetto. I genitori che stanno insieme sono considerati ‘strani’”.
Nel titolo e nello sviluppo il film ricorda un grande classico: Mamma ho perso l’aereo. Dice Moccia: “lo amo e mi ha divertito tantissimo, ma il titolo che ho dato al mio film ha più a che fare con la sentenza del tribunale. E’ successo davvero: un giudice, in un momento di gestione di una separazione, ha assegnato la casa a un bimbo di sette anni. Avendo un maschio di 13 e una femmina di 11 anni resto particolarmente colpito dalla loro proprietà di linguaggio, che viene anche dal vedere molti film e molte serie. Hanno una gran capacità di confrontarsi col mondo, in quanto nativi digitali, e sono anche parecchio furbi, spesso se i genitori si separano sanno approfittare della situazione e del senso di colpa di mamma e papà, per trarne vantaggio”.
In passato, invece, i personaggi di Moccia sono stati idoli degli adolescenti: “leggevo un articolo giorni fa – dice ancora l’autore – che diceva che Tre metri sopra il cielo è stato il preludio a tutta una serie di proposte che sono venute dopo, spesso in forma seriale, come ad esempio Mare fuori. L’asse 15 – 17 anni è interessante, sono caratteri forti e fragili che si affacciano alla vita vera e propria, con dinamiche specifiche. Mi chiedevano di togliere pagine dai libri perché pensavano che i giovani non leggessero, ma non è vero. Quando le tematiche li riguardano e li interessano leggono molto, spesso mi arrivavano messaggi di riscontro la sera stessa dell’uscita, li avevano finiti in un pomeriggio. Questo è dimostrato anche dal successo di saghe straniere come Twilight, che però rispondeva sempre al principio del maschio cupo e maledetto, di cui le ragazze si innamorano”.
E per il futuro? “Sto pensando all’ipotesi di una serie – dice Moccia – oppure anche un film, che ha già un titolo provvisorio che mi piace molto: bro. E’ il diminutivo di “fratello” in inglese, con cui si appellano i giovani tra loro. E’ la storia del rapporto tra i ragazzi e il loro migliore amico: il telefonino. E’ con lui che si confidano, è il custode di molti segreti e un’estensione che permette loro di arrivare ovunque”.
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